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Calisto, La
Dramma per musica in un prologo e tre atti di Giovanni Faustini, da Ovidio
Musica di Francesco Cavalli
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro Sant’Apollinare, 28 novembre 1651. Prologo: la Natura (A), l’Eternità (S), il Destin

Personaggi
Vocalità
Calisto
Soprano
Diana
Soprano
due Furie
Soprano
Endimione
Contralto
Furie
Giove
Basso
Giunone
Soprano
il satiretto
Soprano
Linfea
Soprano
Mercurio
Tenore
Pane
Contralto
Silvano
Basso
Note
Fra tutti i libretti di FaustiniLa Calistoè forse il più originale, eccentrico, dai tratti irresistibilmente comici e persino surreali. Narra del tentativo rocambolesco di Giove di sedurre la giovinetta Calisto che, qual ninfa di Diana, è votata alla castità, quindi estranea a ogni faccenda amorosa. Giove, improvvisamente pentito di aver concesso al mondo il libero arbitrio, per sedurre l’ingenua ninfetta pensa bene di prendere le fattezze di Diana (mutando pure registro vocale); ma a questo punto cominciano i pasticci. Calisto, alle profferte di Giove travestito, non ci pensa due volte e si lascia travolgere in conturbanti amplessi. Quindi, ancora inebriata, incontrata la vera Diana (chiamata in tutti i modi possibili, Cintia, Delia, Febea, Trivia, e altri ancora, così da far confondere anche lo spettatore più agguerrito): Calisto vorrebbe continuare con i già assaporati piaceri ma Diana, ovviamente, si sdegna. Che sia perché se la fa con la vecchia Linfea? – pensa Calisto confusa. Invece Diana ha messo gli occhi su Endimione pastorello, il quale poveretto si ritrova, lui ignaro, fra le braccia di Giove versione femminile. Da parte sua Linfea non riesce a liberarsi dalle voglie acerbe di Satiretto (sulla scena un bambino) e Pane non perde occasione per saltare addosso all’ambitissima Diana. Insomma, quasi uno spettacolo a luci rosse.Cross-dressing, ruolien travesti, castrati, uomini che impersonano donne, donne che son credute uomini, eroi più o meno travestiti che seducono ogni genere sessuale conosciuto e sconosciuto, di fronte a tutto ciò – la norma nell’opera seicentesca (Calistonon è affatto un’eccezione) – si è parlato di figure asessuate, di indifferenza del pubblico dell’opera di allora (e anche del successivo) all’identità erotica dei suoi canori divi: niente di più falso. Tanto dovizioso impegno nello scambiare ruoli già scambiati, nell’equivocare su equivoche seduzioni, in una parola, nel mettere in dubbio la Natura sempre e comunque – per ridere, certo, per sedurre, anche, e forse per ribaltare sottilmente principi acquisiti – era motivato da una volontà precisa, consapevole e sempre pianificata. Non per niente il teatro è luogo di perdizione. Alla vicenda Faustini pone una conclusione ascetica: trasforma Calisto in una costellazione, affinché Giove ne possa incessantemente godere i favori senza scendere sulla terra (la costellazione sarà quella dell’Orsa maggiore perché Giunone, per vendicare il tradimento dell’olimpico marito con la povera ninfa, l’aveva ridotta a pelosissimo orso selvatico). E Cavalli non si tira indietro a commentare il misticismo di questa salita al cielo, misticismo che, confinando nel delirio amoroso, trasforma l’unica scena veramente casta dell’opera (III, 6) nella più intensamente seducente, ai limiti della sconvenienza.

L’opera, scritta insieme aOristeo,RosindaedEritrea, sempre su libretto di Faustini, per inaugurare il nuovo teatro veneziano di Sant’Apollinare, comporta una distinzione fra aria e recitativo più netta rispetto alle opere precedenti. Le arie sono sempre brevi (in genere con ripetizioni testuali, mentrerefraineda caposono contenuti); i recitativi, concedendo alla voce frequenti vocalizzi, hanno un andamento incalzante e un ritmo armonico spesso serrato, ma non si pongono in netto contrasto alle arie. Tuttavia inCalistola calibrata alternanza di un declamato meno elaborato e di una cantabilità più lirica, genera strutture formali alquanto nuove. Nelle arie i personaggi si lasciano andare alle passioni e a improvvisi deliri amorosi, mentre nei recitativi riprendono il controllo e il proprio ruolo, riflettendo sull’accaduto (è il caso, tra i molti esempi possibili, della scena del sonno con Diana ed Endimione, II,2). Cavalli intende tale dualismo aria-recitativo in chiave espressiva: la brevità dell’una e dell’altro permette di disporre in rapida successione mutamenti d’umore e ripensamenti, a tutto vantaggio della vivacità e dell’umanità del personaggio.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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