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Prophète, Le
Grand-opéra in cinque atti di Eugène Scribe e Emile Deschamps
Musica di Giacomo Meyerbeer 1791-1864
Prima rappresentazione: Parigi, Opéra, 16 aprile 1849

Personaggi
Vocalità
anabattista (2)
Basso
anabattista (2)
Tenore
Berthe
Soprano
borghese (2)
Tenore
borghese (2)
Basso
Fidès
Contralto
il conte d’Oberthal
Basso
Jean de Leyden
Tenore
Jonas
Tenore
Mathisen
Basso
un bambino
Contralto
un bambino
Soprano
un contadino
Basso
un contadino
Tenore
un soldato
Tenore
un ufficiale
Tenore
un ufficiale
Basso
una contadina
Soprano
una contadina
Mezzosoprano
Zacharie
Basso
Note
Questo memorabile successo di Meyerbeer conobbe una gestazione di circa sei anni, seguita con trepidazione dalla stampa francese, come testimonia il resoconto di Fétis in occasione della sospirata ‘prima’ (il critico non mancò di notare come la rivoluzione del ‘48 non avesse nuociuto al compositore). A Parigi come a Londra l’accoglienza dell’opera fu notevolmente favorevole; non così in Germania, dove il pregiudizio romantico, alimentato purtroppo da artisti del calibro di Schumann, vedeva in Meyerbeer la concentrazione di ogni vizio estetico.

Il soggetto è di marcato sapore storico-religioso, secondo i dettami del gusto dell’epoca (e secondo quello specifico di Meyerbeer, evidente anche nei suoi precedenti titoli), e riguarda un evento ben noto alla cultura francese attraverso gli scritti di Voltaire: la presa della città di Münster, nel 1534, da parte di un gruppo di anabattisti (‘ribattezzatori’) provenienti dall’Olanda, guidati dal sarto di Leida Jan Beuckelsz, che si proclamò re del mondo finché, dopo sedici mesi di assedio, la città non capitolò di fronte alle truppe luterane e cattoliche coalizzate. Un’opera sullo stesso soggetto,Divara(1993) di Azio Corghi, condivide con questa la condanna del fanatismo che uccide ogni sentimento umano, istanza etica attenuata in Meyerbeer dall’apparato spettacolare previsto dalgrand-opéra.

Atto primo. In Olanda, nei pressi di Dordrecht. La popolazione rurale celebra la serenità campestre (“La brise est muetteâ€). La giovane orfanella Berthe è felice perché rivedrà presto l’amato Jean de Leyden (“Mon coeur s’élance et palpiteâ€); ne incontra la madre Fidès, con la quale decide di recarsi dal conte d’Oberthal, signore feudale di Berthe, per chiedergli di lasciarla partire per sposarsi con Jean. Compaiono allora tre anabattisti, Zacharie, Jonas e Mathisen (terzetto “Ad nos, ad salutarem undamâ€): sono venuti a sobillare gli animi contro i locali feudatari, promettendo libertà, potere e ricchezza nel nome di Dio. Gli ingenui contadini accolgono entusiasti l’invito, ma l’apparizione del conte è sufficiente a incutere loro un timore reverenziale. Gli anabattisti vengono portati via dai soldati, mentre Berthe e Fidès implorano invano il conte di permettere la partenza della ragazza (duetto “Un jour, dans les flots de la Meuseâ€). Di fronte al suo rifiuto, la popolazione viene mossa allo sdegno, ma è impotente quando le due donne vengono arrestate. Il canto degli anabattisti risuona sinistro come promessa di vendetta.

Atto secondo. In una locanda nei sobborghi di Leida. Jean attende preoccupato il ritorno della madre; giungono anche i tre anabattisti, che si meravigliano di fronte alla somiglianza tra Jean e l’immagine del re Davide venerata a Münster. Quando il ragazzo racconta loro di un sogno misterioso (“Sous les vastes arceaux d’un temple magnifiqueâ€), questi vi vedono la profezia del suo futuro regno e lo invitano a seguirli. Irrompe sulla scena Berthe, sfuggita al conte, che però la insegue con le sue truppe, dopo aver preso prigioniera Fidès. Jean, che ha nascosto la ragazza, sottoposto al ricatto del conte decide di consegnare Berthe in cambio della madre (Fidès: “Ah! mon fils, sois béni!â€). Tuttavia, furente per questo ennesimo sopruso, presta finalmente ascolto agli anabattisti, accettando di partire con loro per la Germania come profeta eletto da Dio.

Atto terzo. Nell’accampamento degli anabattisti, in una foresta della Westfalia. I soldati, reduci dalla battaglia, radunano i ricchi prigionieri, raccolgono vettovaglie, danzano e pattinano. Alla tenda di Zacharie viene condotto il conte, catturato mentre si dirigeva a Münster. L’uomo, in incognito, finge di volersi unire agli anabattisti: gli viene fatto allora giurare di massacrare suo padre, governatore della città (Oberthal, Zacharie, Jonas: “Sous votre bannièreâ€); ma, scoperta la sua identità, viene condannato a morte. Jean è intanto profondamente indeciso sull’azione intrapresa, timoroso per il destino di sua madre e di Berthe, che il conte dice trovarsi a Münster. Allora, sospesa la pena capitale al tiranno, Jean invoca il sostegno di Dio per conquistare la città. Esaltati dalle sue parole, soldati e popolo marciano alla volta di Münster, che appare in lontananza nel cielo terso.

Atto quarto. La città è stata presa. Tra i cittadini, ormai succubi degli anabattisti, compare Fidès ridotta a mendicante (“Donnez, donnez pour une pauvre âmeâ€). La donna incontra Berthe, e le racconta di aver appreso che Jean è morto a causa del profeta: giurano entrambe vendetta contro questo mostro. Nella cattedrale Jean viene intanto incoronato re (coro “Le voilà, le Roi Prophèteâ€). Al termine della cerimonia, Fidès, che l’ha riconosciuto, si dichiara sua madre, suscitando con questa bestemmia le ire degli anabattisti. La donna, che si rende conto che l’insistenza sarebbe fatale a sé e al figlio, smentisce quanto ha detto e il tripudio generale riprende; Berthe, tuttavia, è ancora intenzionata a uccidere il profeta.

Atto quinto. Gli anabattisti hanno deciso di consegnare Jean come capro espiatorio all’imperatore, che sta marciando verso Münster. Madre e figlio si riconciliano nella prigione dove Fidès è rinchiusa. Giunge anche Berthe, ma la sua speranza di felicità dura ben poco: quando la ragazza scopre che Jean è il profeta, rifiuta di perdonargli le atrocità di cui si è macchiato e si toglie la vita, trafiggendosi con un pugnale. In un salone del palazzo, gli anabattisti festeggiano il re profeta, mentre sta per compiersi il loro tradimento. Anche Jean ha però pensato di vendicarsi, ereditando un’idea di Berthe: mentre Oberthal, alla guida dei suoi soldati, irrompe nella sala, una tremenda esplosione ordinata dal profeta devasta tra fumo e fiamme la scena; la morte ricongiunge Fidès e suo figlio.

La vasta partitura di Meyerbeer sembra mirare verso diverse direzioni della drammaturgia musicale ottocentesca. Eminente è senz’altro la capacità di creare occasioni drammatiche di estrema tensione, paragonabili talvolta a quelle delDon Carlosdi Verdi (anch’esso ungrand-opéradi ispirazione storico-religiosa). Particolarmente imponente è il secondo quadro del quarto atto, dedicato alla cerimonia dell’incoronazione nella cattedrale di Münster. Meyerbeer riesce a collegare armonicamente il dramma personale di Fidès, che sta perdendo il figlio attratto nel vortice del suo delirio mistico di potere, e la grandiosità corale della scena: come dire i due volti delgrand-opéra, il dramma psicologico-borghese e l’apparato storico-spettacolare. Fidès pronuncia le sue violente maledizioni contro l’ignoto re profeta con inflessioni da contralto drammatico verdiano, interagendo con il coro che canta in latino dietro le quinte e con l’organo che l’accompagna. A seguire, durante la scenografica processione, si odono un coro di voci bianche e uno di donne, con due bambini solisti, che su uno sfondo orchestrale dalle straordinarie sonorità eteree (viene da pensare al Fauré delRequiem), intonano quel tema dell’incoronazione già anticipato nel secondo atto, e ora ripreso dall’orchestra e da tutto il coro per salutare l’Eletto del Signore. Il riconoscimento del figlio da parte di Fidès avviene durante un concertato di grande bellezza, cui segue il dialogo tra Jean e la madre; la tensione emotiva vi è suscitata architettando con cura meticolosa il dettaglio quanto l’effetto complessivo. Jean, mentre interroga Fidès, si esprime con una linea di canto a valori lunghi, simbolo di quella solennità propria del suo titolo; l’orchestra nel contempo si incarica di comunicare la drammaticità della situazione, in cui è in gioco la vita di entrambi i congiunti. Da tanta tensione scaturisce la dichiarazione di Fidès, prima repressa (gesto discendente), quindi sicura (gesto ascendente), che smentisce le sue dichiarazioni imprudenti, provocando l’esplosione della gioia popolare, in un clima da miracolo in cui ricompare l’inno religioso che aveva aperto la scena (rimarchevoli le molte analogie con il secondo quadro del terzo atto diDon Carlos). In termini più esteriori, ma sostenuta dalla grandiosità del progetto scenografico, la spettacolarità dell’opera avrà il suo culmine nella conclusione, con quella distruzione del palazzo tra le fiamme che dovette impegnare non poco gli ingegneri dell’Opéra. La raffinatezza dell’architettura musicale è rilevabile anche nel ricorrere di diversi temi da un capo all’altro dell’opera. Così, all’apparire di Fidès all’inizio del quinto atto, l’orchestra si appropria della frase melodica con cui la donna aveva rinnegato Jean nel quadro precedente; analogamente, il tema del coro di voci bianche era stato anticipato dall’orchestra, quale profezia dell’incoronazione, durante la narrazione del sogno premonitore di Jean nel primo atto. Ma l’esempio più evidente di ricomparsa ciclica di un tema è il corale degli anabattistiAd nos, ad salutarem undam, un invito a ritornare all’acqua salvifica del battesimo, che ricorre con impressionante frequenza negli snodi della vicenda, evocazione sinistra di un pericolo incombente, quasi sigillo musicale del fanatismo. Soprattutto, Meyerbeer si rivela qui uno dei massimi maestri nell’orchestrazione, talvolta accostabile a quella di Berlioz o anche di Musorgskij (intermezzo tra quarto e quinto atto), o addirittura arcaicizzante, spingendosi a momenti mozartiani (terzo atto, subito prima del riconoscimento di Oberthal). Lo spiegamento di mezzi non ha nulla da invidiare a Berlioz: tredici legni, dodici ottoni, sei diversi tipi di percussioni, arpa, organo, archi e, sulla scena, due tamburi militari e ventidue ottoni, tra cui diciotto singolarisaxhorn(brevettati quattro anni prima). Tra i momenti memorabili, il già citato sogno di Jean, che evoca la sfera del sacro attraverso gli arcani arabeschi dei violini nel registro acuto, coadiuvati dal timbro caldo dei flauti. Tra i personaggi segnaliamo ancora il terzetto degli anabattisti, impiegato inensemblesdalla vivacità talvolta comica; Berthe, incline al virtuosismo sin dall’inizio dell’opera, con tratti che avranno fatto la gioia di Gounod; infine Fidès, senz’altro il personaggio più importante dell’opera, un contralto drammatico dall’enorme peso nella partitura (sue sono molte delle pagine più belle) e che già tende verso Carmen, di cui condivide l’assolutezza irrefrenabile della passione. In questo caso si tratta naturalmente di amore materno, una sorta di contraltare dei molti padri verdiani, amore di fronte al quale Jean è persino disposto a rinunciare all’amata.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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