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Rienzi der letzte der Tribunen
(Rienzi, l’ultimo dei tribuni) Grande opera tragica in cinque atti proprio, dal romanzo Rienzi, the Last of the Roman Tribunes di Edward Bulwer-Lytton
Musica di Richard Wagner 1813-1883
Prima rappresentazione: Dresda, Königliches Hoftheater, 20 ottobre 1842

Personaggi
Vocalità
Adriano
Mezzosoprano
Baroncelli
Tenore
Cecco del Vecchio
Basso
Cola di Rienzi
Tenore
Irene
Soprano
Paolo Orsini
Basso
Raimondo
Basso
Stefano Colonna
Basso
un messo di pace
Soprano
Note
Wagner attese alla composizione del libretto dal giugno 1837 all’inizio del 1840 e a quella della partitura, in circostanze del tutto rocambolesche, dall’agosto 1838 al novembre 1840. È probabile che egli abbia dovuto terminare la partitura nelle carceri di Parigi, ove era stato rinchiuso per debiti, dopo esservi finito al termine di una fuga avventurosa (resasi necessaria per lo stesso motivo) da Riga, città in cui ricopriva l’incarico di Kapellmeister presso il locale teatro, e dove aveva abbozzato le prime pagine della gigantesca partitura. Nelle intenzioni del musicista,Rienzidoveva comunque essere l’occasione attraverso la quale si sarebbe guadagnato notorietà e successo presso la capitale teatrale europea d’allora, ossia Parigi; e ciò giustifica la sua struttura da vero e propriogrand-opérain cinque atti, con tanto di balli, cori e grandi scene d’insieme, secondo il modello che si era affermato nel principale teatro della capitale francese attraverso i maggiori successi di Auber, Spontini e Meyerbeer. Nonostante il prodigarsi di quest’ultimo, tuttavia, l’opera non solo venne rifiutata, ma probabilmente non fu nemmeno presa in considerazione dalla direzione del teatro parigino, costringendo il musicista a riallacciare gli antichi rapporti con i teatri dell’odiata provincia tedesca al fine di rimediare una rappresentazione, pur sapendo che ben difficilmente avrebbe trovato nei piccoli centri della Germania del nord una sede in grado di allestire uno spettacolo tanto impegnativo. Alla luce di tali premesse, comunque, la prima rappresentazione a Dresda si rivelò di gran lunga superiore alle più rosee speranze, e il pubblico decretò all’opera un grande successo, con ripetute chiamate ai protagonisti, soprattutto allo stentoreo tenore Joseph Aloys Tichatschek (Rienzi), al mezzosoprano Wilhelmine Schröder-Devrient (Adriano) e al compositore al termine di ogni atto, nonostante la rappresentazione si protraesse per oltre sei ore. Per ovviare al problema dell’eccessiva durata, Wagner dapprima pensò di operare sostanziosi tagli alla partitura (e in tale forma abbreviata l’opera venne riproposta il 26 ottobre); successivamente, per non scontentare gli interpreti, che insistevano per sostenere per intero la parte a lungo studiata, ripropose l’opera in due serate: la prima parte, comprensiva dei primi due atti e denominata ‘Rienzis Grösse’ (La grandezza di Rienzi) andò in scena il 23 gennaio 1843; la seconda, con i tre atti successivi preceduti da una nuova introduzione all’atto terzo, la sera successiva, con il titolo ‘Rienzis Fall’ (La caduta di Rienzi). In tale occasione Wagner presentò una nuova versione del finale dell’atto terzo (mentre risale al 1847, e non alla data del 24 gennaio 1843, come si è ipotizzato per un certo tempo, la modifica di parte del finale dell’ultimo atto). Essendo sgradita al pubblico la soluzione di suddividere la rappresentazione in due parti,Rienzivenne infine riproposto in versione quasi integrale e rimase in cartellone per venti sere di seguito. A dispetto dell’iniziale successo, l’opera non ha mai calcato le scene teatrali con frequenza, né è mai entrata in repertorio, sia nell’Ottocento sia nel Novecento.

Atto primo. Roma, verso la metà del XIV secolo. In una strada, a capo di un drappello di seguaci, il patrizio Orsini tenta di rapire Irene, la sorella di Rienzi, che viene però messa in salvo da Stefano Colonna, sopraggiunto con i suoi uomini. Le due famiglie rivali degli Orsini e dei Colonna si scontrano e, mentre Adriano Colonna si prende cura della giovane, interviene il legato pontificio Raimondo nel vano tentativo di sedare il tumulto, che ha infine termine solo con l’intervento di Rienzi in persona. L’episodio gli offre l’occasione di pronunciare un appello, affinché l’ordine e la legge tornino a regnare a Roma; il popolo esulta, ma nel frattempo le famiglie nobili si sono già accordate per darsi battaglia l’indomani, fuori dalle porte della città. Rienzi allora mobilita il popolo: mentre i nobili combatteranno, il popolo dovrà chiudere le porte di Roma, affinché i nobili siano costretti a giurare obbedienza alla legge se vorranno rientrare. Il popolo giura fedeltà. A colloquio con Rienzi, che lo ringrazia per essere intervenuto in difesa della sorella, Adriano si mostra diviso tra il desiderio di combattere a fianco della sua famiglia contro gli Orsini e l’amore per la giovane. È l’alba: il suono di una tromba, il segnale convenuto, richiama il popolo, mentre l’organo della basilica del Laterano ne accompagna la preghiera. Rienzi incita il popolo a essere valoroso, mentre il capo plebeo Cecco del Vecchio gli offre la corona di Roma, che Rienzi tuttavia rifiuta, dichiarando di preferire il più modesto titolo di tribuno romano. Nel frattempo le fazioni nobili, chiuse fuori dalla città e in condizioni di netta minoranza, si sono accordate di fingere obbedienza alla legge.

Atto secondo. Presso una grande sala del Campidoglio. Rienzi e i senatori ordinano ai messaggeri di riferire al popolo le notizie dell’elezione del tribuno e della sconfitta ‘diplomatica’ delle famiglie nobili, le quali, nel frattempo, tramano per riconquistare il potere perduto, decidendo di uccidere Rienzi. Adriano, che ha ascoltato i loro intrighi e ha inutilmente ricordato il vincolo del giuramento di obbedienza, viene allontanato dal padre. Intanto si forma spontaneamente un corteo popolare, che si dirige verso il Campidoglio per acclamare il tribuno. Rienzi, dopo aver salutato gli ambasciatori degli altri stati, dà dunque inizio alle celebrazioni per la sua elezione; ma, mentre ha luogo una pantomima in cinque parti (Introduzione, Danza di guerra, Lotta dei gladiatori, Entrata delle giovani vergini, Danza di festa), Adriano rivela al tribuno le fosche trame dei nobili, cosicché quando Orsini si avvicina per pugnalare Rienzi a tradimento, questi resta incolume perché nel frattempo ha indossato una tunica fatta di maglie di ferro. Il popolo grida vendetta e Rienzi proclama la condanna a morte per i traditori, che vengono condotti sul luogo dell’esecuzione. Adriano chiede però a Irene di intercedere presso il fratello, affinché conceda la grazia; la commovente perorazione tocca il cuore di Rienzi, che infine la accorda a patto che i nobili accettino di riconfermare il loro giuramento.

Atto terzo. La grande piazza del Foro. Il popolo, infuriato alla notizia che i nobili hanno nuovamente trasgredito i patti, riunitosi in un esercito imponente alle porte della città, attende istruzioni da Rienzi, che infine appare e ordina di prepararsi alla battaglia. Adriano è nuovamente incerto sul da farsi. Si odono squilli di tromba e rintocchi di campane; risuona una marcia militare. Rienzi lancia un appello di guerra, al quale il popolo risponde con un inno di battaglia. Adriano tenta di convincere Rienzi ad aspettare a scagliare il popolo contro i nobili: si recherà egli stesso da suo padre, Stefano Colonna, nel tentativo di indurlo a più miti consigli; ma questa volta Rienzi ignora il suo appello e dà inizio alla battaglia. Adriano, rimasto in compagnia di Irene, decide di abbandonare l’amata, ma viene da lei trattenuto, mentre si odono le litanie delle donne romane che pregano per i loro uomini, che infine tornano vittoriosi. Quando vengono portati i corpi di Orsini e di Colonna, morti in battaglia, Adriano si getta su quello del padre e si rivolge con dure parole d’accusa a Rienzi, che dapprima lo fa allontanare e poi comanda di far suonare le campane per celebrare la vittoria. Il corteo marcia in trionfo verso il Campidoglio.

Atto quarto. La piazza di fronte alla basilica lateranense. Baroncelli, Cecco del Vecchio e altri cittadini romani discutono sul fatto che l’ambasciatore tedesco è stato richiamato in patria dall’imperatore. Si dice infatti che i nobili abbiano fatto giungere a quest’ultimo la notizia che Roma è nelle mani di un ribelle violento, così come hanno fatto sapere al Papa, ad Avignone, che Rienzi è un pericoloso eretico. Mentre ha luogo la cerimonia religiosa di ringraziamento, Adriano medita su come vendicarsi di Rienzi, ma vacilla quando lo vede giungere in compagnia della sorella Irene. Quando varca i gradini della chiesa, Rienzi viene maledetto da preti e monaci, mentre il legato pontificio Raimondo pronuncia contro di lui il bando papale di scomunica. Il popolo non sa cosa pensare, e si allontana lasciando soli Rienzi, Irene e Adriano, che tenta di convincere Irene a fuggire con lui, estendendosi la scomunica anche a coloro che rimarranno con Rienzi; ma Irene decide di ignorare l’appello dell’amato, che si allontana. Intanto risuona ancora il coro dei preti e dei monaci.

Atto quinto. Una stanza del Campidoglio. Rienzi è inginocchiato in preghiera, nella speranza che il popolo non lo abbandoni; ma alla sopraggiunta Irene confida che solo due cose gli restano fedeli: il Cielo e la sorella. Quindi la esorta invano a fuggire da lui, onde evitare la scomunica. Giunge Adriano che, pur pentito del suo comportamento, tenta ancora di persuadere Irene a fuggire con lui; Irene è tuttavia ferma nel suo proposito di non abbandonare il fratello. Intanto il popolo si avvicina minacciosamente, armato di torce. Rienzi si affaccia sul balcone del Campidoglio e tenta di proclamare la sua innocenza; ma hanno la meglio Baroncelli e Cecco del Vecchio, che incitano i presenti a lapidare il tribuno e a bruciare il Campidoglio. Così avviene, e nel tentativo di mettere in salvo Rienzi e Irene, anche Adriano viene sopraffatto dal crollo dell’edificio.

Rienziè al contempo la più composita e la più omogenea delle tre opere ‘di apprendistato’ di Wagner. A differenza infatti delle precedentiDie FeeneDas Liebesverbot, che presentano una palese disuguaglianza stilistica, dovuta all’eteroclita molteplicità dei generi assunti a modello, l’opera si giova dell’adozione di un unico e ben preciso punto di riferimento, quello delgrand-opéra; ma per la stessa ragione è paradossalmente anche, delle tre, quella che anticipa in minor misura aspetti che saranno del Wagner maturo. O meglio:Rienzianticipa soltanto quegli aspetti drammatici che saranno propri delle grandi opere romantiche e dei grandi drammi wagneriani a venire (i temi della maledizione, del rapporto amore-morte, della redenzione mediante l’amore), ma non i caratteri musicali. Un cromatismo assai più accentuato, un’armonia più ricca, un ricorso più sistematico a Leitmotiv, pur entro i limiti di un linguaggio ancora in fase di evoluzione, è infatti presente negli altri due lavori, mentre inRienzila necessità di farsi notare nel teatro più in vista d’Europa dettò al giovane musicista scelte poco arrischiate sul piano linguistico. Sicché, nell’ambito di un profilo drammaturgico che molto deve allaMuette de Porticidi Auber e alFernand Cortezdi Spontini – pieno com’è di grandi scene d’insieme, cori, danze, cortei trionfali, salmodie latine, marce e inni militari – si trova la musica più diatonica e formalmente tradizionale che la penna di Wagner avesse mai concepito. Si conviene spesso, infatti, nell’osservare come la ragguardevole estensione dell’opera non sia accompagnata da un’analoga elevatezza di ispirazione musicale. Le parti più discutibili sono da rintracciare nelle pompose, ma un poco superficiali scene di marcia e di giubilo per l’elezione di Rienzi a tribuno romano, nell’opaca e lunga pantomima del secondo atto e, in genere, nel costrutto pesante e macchinoso dei recitativi, che non sempre contribuiscono a definire un netto profilo dei personaggi. Di una certa funzionalità drammatica si rivelano invece l’ouverture, integralmente costruita sui temi principali dell’opera, i grandi concertati finali e taluni momenti solistici, ad esempio la preghiera di Rienzi all’inizio dell’ultimo atto (“Allmächt’ger Vaterâ€) e il suo successivo duetto con Irene (“Ich liebte glühend meine hohe Brautâ€).
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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