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Jakob Lenz
Opera da camera in dodici quadri e un epilogo di Michael Fröhling, da Georg Büchner
Musica di Wolfgang Rihm 1952-
Prima rappresentazione: Amburgo, Staatsoper, 8 marzo 1979

Personaggi
Vocalità
Jakob Lenz
Baritono
Kaufmann
Tenore
Oberlin
Basso
Note
Scritta tra il 1977 e il 1978, l’opera attirò l’attenzione internazionale non solo per il suo indubbio successo, ma anche e soprattutto perché si poneva come richiamo, da parte di un giovane compositore, verso un nuovo modo di concepire il teatro musicale. E la svolta determinata da quest’opera da camera continua ad avere un peso sia nell’estetica di Rihm che in quella di altri autori della sua generazione. Di colpo, senza provenire da nessuna posizione ‘neo’, cresciuto anzi alla scuola delle avanguardie musicali, Rihm si imponeva per una straordinaria libertà di pensiero. Quando ancora gran parte del teatro musicale ripeteva stancamente i dogmi dalla non-narratività, del non-dicibile e del non- rappresentabile, Rihm proponeva un’ottica completamente diversa. Al procedere unilaterale della storia contrapponeva il sincretismo, le connessioni, l’uso libero e indiscriminato di stili, situazioni, mezzi. Ma, come dimostrerà anche inHamletmachine(1986), tutto ciò avviene all’interno di un percorso unitario, coerente, che ha una chiara originalità e si differenzia nettamente da qualsiasi atteggiamento eclettico. Recuperando la tradizione, Rihm le attribuisce una forza centrifuga, discontinua, aperta, perfettibile. Si potrebbe dire che per Rihm l’universo è illimitato perché ha il centro in ogni dove.

Un’estetica che gioca sulle connessioni, sulle relazioni e analogie, anziché su un’idea costruttiva di tipo positivista, non può che orientarsi verso un soggetto che già contenga in sé questa tendenza al movimento simbolico. E così Rihm sceglie una novella di Büchner, adattata da Michael Fröhling, incentrata sulla figura del poeta tedesco Lenz. Il quale anticipò il romanticismo proprio come Büchner fu il precursore dell’espressionismo. Il poeta Michael Reinhold Lenz, nato in Livonia nel 1751, fu trovato morto, a Mosca, per strada, un giorno del 1792. La sua fu una vita dura, sofferente ed emarginata, scissa tra l’educazione religiosa pietista e l’attrazione per un naturalismo pagano ed erotico. Continuando nella catena di rimandi che caratterizza il lato evocativo della scrittura di Rihm, ricordiamo che Lenz fu, per un certo periodo, amico di Goethe. Proprio una frase delFaust, nella prima parte, simbolizza l’atroce contrasto interiore di Lenz: «Due anime, ahimé, dimorano nel mio petto; e una è sempre divisa dall’altra». Nel 1778, Lenz manifestò i primi veri e propri sintomi di schizofrenia, e le sue condizioni sono registrate in un diario tenuto dal pastore Johann Friedrich Oberlin, che lo ospitò a Waldbach. Fu proprio questo diario a fornire a Büchner il materiale per la sua novella. Nella partitura di Rihm aleggia un filo conduttore che, attraversoLenzeWoyzeckdi Büchner giunge a Berg. Non solo in alcune tracce stilistiche, ma anche in analogie simboliche, come nel ruolo di baritono affidato a Lenz, che coincide con quello di Wozzeck nell’opera di Berg.

L’organico è cameristico, i personaggi principali tutti e tre maschili; accanto a loro interviene il tessuto polifonico di stampo classico del coro madrigalistico, che raggiunge al massimo le sei voci. In realtà, si ha la sensazione che il personaggio sia il solo Lenz e che le due voci maschili, il coro e le voci bianche siano il riverbero e la proiezione delle innumerevoli sfaccettature della sua personalità. Anche l’orchestra è ridotta e Rihm dimostra di saper ottenere grandissima efficacia e duttilità da soli undici strumenti: due oboi (anche corno inglese), un clarinetto (anche clarinetto basso), un fagotto (anche controfagotto), una tromba, un trombone, un percusssionista, un clavicembalo (talvolta, come nelle scene decima e undicesima, amplificato) e tre violoncelli. Spicca la mancanza del violino tra gli archi e del flauto tra i legni. I cantanti sfruttano tutti i tipi di emissione, dal parlato fino all’intonazione vera e propria; anche la recitazione è spesso inserita con una vasta gamma di sfumature e inflessioni.

L’opera è costituita da dodici quadri e da un epilogo: fin dalla prima battuta risuona, affidato ai violoncelli, quell’accordo si-fa-sol bemolle che costituirà una sorta di Leitmotiv e dal quale deriveranno altri due intervalli-chiave: quello di tritono e quello di quinta. Lenz si presenta sulla scena (subito insieme al coro che ne rappresenta il prisma riflettente psicologico) «con un grido disumano tenuto a lungo». Il secondo quadro si basa sul contrasto tra il timbro scuro di Oberlin e il falsetto acuto, immateriale e inquietante di Lenz. Le rapide figure scalari del clavicembalo, che siglano (insieme agli accordi sincopati dell’orchestra) il brevissimo interludio strumentale che collega secondo e terzo quadro, ritorneranno nell’arco della scena stessa e saranno rievocati, come spettri ossessivi, anche in altri momenti dell’opera. Lenz giace su un letto, in una stanza dove campeggia, sul muro, un Cristo, e non riesce a dormire. Il senso delle sue farneticazioni, sospese tra il desiderio erotico e il misticismo visionario, è concentrato nelle poche, intensissime battute del Lied corale sulle parole «Auf dieser Welt hab’ ich kein’ Freud» (‘In questo mondo non ho gioia’). Nel quarto quadro, Oberlin trova Lenz che sta facendo il bagno e lo incoraggia a gioire della natura e del creato. Lenz si lascia trascinare in un’euforia che è solo l’altra faccia della più cupa depressione. L’abbandono visionario alle immagini consolatrici si concentra, con l’intervento delle voci (‘Alimenta la luce della speranza’), in un Ländler che sfocia in un ‘Quasi corale’. Nel quinto quadro, Lenz chiede a Oberlin di lasciarlo predicare, poiché ha studiato da teologo. Il suo sermone, che comincia con unoSprechgesange via via si anima fino al canto spiegato, culmina in un dialogo con le voci e con i bambini, dominato da un sorriso beffardo, stravolto e carico di allucinazioni mistiche. Il sesto quadro, incentrato sul colloquio di Lenz con Kaufmann, disegna il profilo di un parroco ottuso e un po’ sadico, che dopo aver burlato il poeta, lentamente comincia a ‘torturarlo’ psicologicamente, in un crescendo di aggressività. In questo episodio, intessuto sulla presenza costante, come punto di riferimento melodico e armonico, dell’intervallo di terza minore, il registro tenorile piuttosto acuto di Kaufmann e la sua ambiguità ironica, ricordano in qualche modo il personaggio del capitano nelWozzeckdi Berg.

Un intenso Interludio strumentale dal sapore mahleriano avvia il settimo quadro, molto lirico e intenso. Lenz, solo, in mezzo alla natura, canta il tema della perdita e della salvazione, sostenuto, poi, dall’intervento madrigalistico del coro e delle voci bianche. Una citazione dalleKinderszenendi Schumann aleggia nell’interludio strumentale tra settimo e ottavo quadro, nella quale Lenz chiede a Oberlin notizie della ragazza che ama e per la quale soffre così tanto. Oberlin, ormai, stenta a trovare un punto di contatto con lui. Lenz intona una melodia nostalgica e ricca di cromatismi, sulle parole «Wenn sie so durch das Zimmer ging, war jeder Schritt für Musik» (‘Quando lei andava e veniva per la stanza ogni suo passo era per me musica’), accompagnata da un ostinato percussivo che avvolge il canto in una patina di alienazione.

Il quadro nono, ‘Quasi una sarabanda’, comincia con un ritmo ossessivo che sembra dilatarsi emotivamente all’intera sezione. Il coro riprende le parole «Auf dieser Welt hab’ keine Freud» (‘In questo mondo non ho gioia’) e il dialogo con Lenz si fa sempre più straniato e disarticolato. Una voce femminile intona una sorta di melodia virtuosisticamente ornata giurando di essere sua e implorandolo di non abbandonarla mai più.

Nel decimo quadro Lenz sta seguendo il corteo funebre di una bambina, che crede la sua donna. Sui battiti ossessivi di un’incudine, il poeta e il coro sussurrano un frammentario parlato ritmico. Nel penultimo episodio, Lenz vaga senza meta, nella campagna, all’alba. Un dialogo straziante con le voci lo spinge alla decisione di uccidersi, per seguire l’amata. Il coro, alternando momenti omoritmici ad altri di complessità contrappuntistica, scandisce, sulle parole «Du must sterben» (‘Tu devi morire’) un ritmo complesso già ascoltato nel settimo quadro (affidato ai violoncelli, sulle parole «Sie ist verloren» (‘Ella è perduta’) del sestetto vocale) e che ritornerà anche nella prossima. L’episodio si conclude con il crollo di Lenz sottolineato dall’esplosione angosciante delle percussioni.

Kaufmann ha trovato Lenz ferito, che dopo aver cercato di riesumare la salma della fanciulla morta, ha tentato di uccidersi. Il terzetto cresce di intensità mostrando Kaufmann sempre trincerato dietro il suo crudele buon senso e Oberlin ormai scoraggiato. Lenz continua ad invocare l’amata, finché non gli viene messa una camicia di forza. Poco dopo, nel quadro conclusivo, avviene il distacco definitivo dal mondo. Lenz è ormai completamente perso nelle sue visioni ed ossessioni. Oberlin è straziato e Kaufmann lo accusa di aver accolto un pazzo. Lenz ripete, in lontananza, «Konsequent...Konsequent...» (‘Conseguente...Conseguente...’).

Lenz, in questa partitura, si fa portavoce di una “resistenza†verso ciò che è univoco e aprioristico, sia esso Dio, lo Stato, l’Ideologia. Ma nell’intensa espressività della scrittura e nell’uso di forme come il madrigale, il corale, il Lied, si riconosce quel valore di interdipendenza senza il quale ogni vita normale, costretta nei binari della quotidianità, rischia di precipitare nel baratro della follia. La ‘diversità’ (il femminile, la follia, l’arte) non hanno speranza di sopravvivere in un mondo ordinato secondo categorie rigidamente gerarchiche; Rihm riesce invece a porre in relazione, con la straordinaria modernità della sua estetica, i sensi, il divenire, il cambiamento, la temporalità.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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