Rimskij-Korsakov non era certamente compositore gradito al Teatro Imperiale dove, anzi, l’eventualità di produrre una sua opera non veniva più nemmeno presa in considerazione; mentre Cajkovskij, agli occhi dei funzionari del Teatro Imperiale, era il compositore nazionale che aveva elevato la cultura russa, resa in un linguaggio musicale internazionale. Rimskij, invece, partito dall’esempio di Glinka e formando le proprie idee nel circolo di Balakirev, non poteva essere un compositore ‘ufficiale’. Tuttavia
La fidanzata dello zarsembra avvicinarsi al tipo di opere rappresentate al Teatro Imperiale, piuttosto che a quelle di Musorgskij o di Glinka; forse ciò è dovuto alla sua stesura in un periodo di ‘crisi d’identità ’ del compositore: lungo l’arco dell’intera sua vita, Rimskij-Korsakov fu tormentato dal dubbio di non riuscire a comporre con originalità senza sacrificare la correttezza formale. In un’epoca in cui la ricerca stilistica stava diventando l’ossessione della nuova generazione di compositori, il cinquantacinquenne Rimskij ritornò – ancora una volta controcorrente – a uno stile ormai storicizzato come quello romantico, scegliendo di mettere in risalto la propria maestria compositiva in un’opera nella quale quintetti, sestetti e altri vari momenti d’insieme si susseguono incessantemente, per non parlare del virtuosismo delle parti vocali (specialmente quella del personaggio di Marfa). Una certa critica occidentale, sempre pronta a inquadrare la produzione di un compositore in un dato genere o stile, di fronte alla
Fidanzata dello zarè rimasta piuttosto perplessa, non riuscendo a definirla come opera tipicamente ‘russa’, né come totalmente romantica; invece, in patria fu ed è a tutt’oggi celebrata dai critici come la migliore di Rimskij-Korsakov, poiché la si ritiene rappresentativa della cultura nazionale, soprattutto grazie al testo di Meij, un dramma pseudostorico che esaltava le tradizioni russe ai tempi di Ivan il Terribile e che ben si prestava a essere musicato.
Nel dramma di Meij, la fidanzata dello zar è Marfa, che in realtà è fidanzata con Lïkov, ma che sarà poi prescelta da Ivan il Terribile come futura zarina della Russia. Marfa è una bellissima fanciulla, e anche un terzo uomo la desidera ardentemente: si tratta di Grijaznoij, che convive con Lijubasha, ma senza più amarla. Marfa aveva in precedenza respinto la proposta di matrimonio di Grijaznoij, e così questi decide di rivolgersi al diabolico alchimista Bomelius, dal quale si fa preparare una pozione d’amore da far bere a Marfa. Allora anche Lijubasha, accecata dalla gelosia, va da Bomelius per farsi dare una pozione da far bere a Marfa: una pozione che cancelli ogni tratto della sua bellezza. Bomelius, con fare lubrico, minaccia Lijubasha di riferire la sua richiesta a Grijaznoij, e deciderà di non farlo solo dopo che la donna avrà accettato – benché disgustata – di pagarlo in natura. Intanto Lïkov è tornato da una lunga campagna in Occidente, e vorrebbe sposare Marfa, ma giunge la notizia che proprio lei è stata scelta dallo zar come sua futura moglie; Marfa, obbedendo a malincuore al volere dello zar Ivan, si trasferisce alla corte imperiale, manifestando però i sintomi di uno sconosciuto malessere: è l’effetto della pozione magica. Grijaznoij è convinto che la malattia di Marfa sia dovuta alla pozione – evidentemente sbagliata – preparata da Bomelius; per allontanare da sé ogni sospetto, racconta allo zar che è stato Lïkov ad avvelenare Marfa. Lïkov, torturato a morte, è costretto a confessare e viene giustiziato dallo stesso Grijaznoij. Marfa, appresa la notizia, sviene; quindi, incomincia a manifestare i segni della follia che la ha colpita, vinta dal dolore. Grijaznoij, di fronte alla delirante Marfa, non riesce a trattenersi dal confessare le sue malefatte; ma – colpo di scena – entra Lijubasha, ammettendo di aver sostituito la prima pozione di Bomelius con la seconda, e di essere quindi la vera colpevole. Grijaznoij, sorpreso e furente, si scaglia contro di lei, uccidendola; verrà anch’egli condannato a morte.
La trama è quella di un dramma a tinte fosche, connotato da momenti tragici che Rimskij sottolineò con frequenti progressioni sugli intervalli di terza maggiore e minore, già sistematicamente impiegate in altre sue opere per caratterizzare personaggi irreali e fantastici. La mano di Rimskij-Korsakov è riconoscibile anche dall’utilizzo di Leitmotive – altro elemento che distingue la sua produzione – come quello che annuncia le entrate in scena di Lijubasha, o quello di Ivan il Terribile, che in quest’opera compare – silente – solo una volta, e viene riconosciuto proprio grazie al suo tema musicale, lo stesso che lo aveva caratterizzato da protagonista nellaFanciulla di Pskov. Ma al di là dell’analisi delle singole tecniche compositive impiegate dal compositore, ciò che colpisce innanzitutto è l’atmosfera romantica dellaFidanzata dello zar, che si percepisce già nell’ouverture (che avrà in seguito vita autonoma); la ricchezza di temi turbolenti e passionali, ma anche seri e solenni, caratterizza l’opera di un compositore che volle accostarsi all’estetica romantica senza per questo dimenticare la tradizione culturale russa, né sopprimere la propria particolare originalità , superiore a ogni tentativo di schematizzazione stilistica.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi