Già celebre a Parigi, dopo
Iphigénie en Aulide(«Un trionfo!», scrisse addirittura Maria Antonietta) e la ripresa in francese dei successi viennesi (accolti con alterno favore), Gluck nel 1777 fu coinvolto in una di quelle controversie politico-culturali che appassionarono gli intellettuali parigini dell’epoca. Passata alla storia come
querellefra gluckisti e piccinnisti, la disputa (organizzata da politici, diplomatici e pubblicisti) si proponeva di opporre al rappresentante del melodramma riformato (Gluck) un campione dell’opera italiana (Piccinni), facendoli ‘gareggiare’ su uno stesso testo francese, il
Rolanddi Quinault. Se Piccinni, forse ingenuamente, si prestò al gioco, Gluck, che già stava lavorando a quel soggetto, lo abbandonò subito e preferì un altro testo di Quinault che lo interessava: l’
Armide(già celebre nell’intonazione di Lully). La vicenda della maga pagana lo portò a trattare una complessa psicologia di donna fiera e sensuale con un tono di particolare delicatezza: l’opera (che mantiene la struttura in cinque atti della
tragédie lyrique) guadagnò di replica in replica un favore che continuò poi (attraverso le riprese ottocentesche: ricordiamo quelle di Parigi 1825, di Berlino e Dresda 1843) fino al nostro secolo (dall’interpretazione di Toscanini all’inaugurazione scaligera 1996).
Atto primo. L’ouverture (tratta dalTelemaco) introduce il tema del contrasto amore-dovere che sconvolgerà Armide, presentando sia caratteri marziali sia motivi cantabili. Phénice e Sidonie lodano la bellezza e i poteri di Armide, che però lamenta di non riuscire ad ammaliare Renaud. Hidraot esorta la nipote a sposarsi: ella si schermisce, perché teme la perdita della libertà (air“La chaine de l’Hymnenâ€). Mentre il popolo con danze festeggia la vittoria, irrompe Aronte annunciando che un nemico ha liberato i prigionieri. Armide capisce che questi è Renaud e tutti giurano vendetta.
Atto secondo. Renaud dichiara ad Artémidore la sua indifferenza alle arti di Armide. Ella, intanto, con Hidraot prepara un incantesimo, evocando gli spiriti infernali (“Esprit de haine et de rageâ€). Renaud, quindi, in uno splendido luogo, è vinto dal sonno (“Plus j’observe ces lieuxâ€), mentre una naiade e il coro danzano e cantano. Armide potrebbe vendicarsi ma, nel colpire, la rabbia si trasforma in amore e Renaud è risparmiato. Armide allora con la magia suscita in lui l’amore: lei, se potrà , risponderà con l’odio.
Atto terzo. Armide commisera il suo ritrovarsi innamorata (“Ah! Si la libertéâ€) e comunica a Phénice e Sidonie di voler usare la magia per costringersi a odiare Renaud. Evoca quindi l’Odio e le sue Furie, che cominciano un incantesimo con canti e danze. Armide però non resiste e interrompe la magia: l’Odio, offeso, l’abbandona.
Atto quarto. Le Chevalier Danois e Ubalde, cercando Renaud, superano i tranelli di Armide che fa loro apparire, dopo mostri spaventosi, le loro amate Lucinde e Mélisse.
Atto quinto. Armide, tormentata dai dubbi, va a consultare le forze infernali, lasciando l’amato nel suo palazzo (duetto d’addio “Aimons nousâ€), intrattenuto da canti e danze (ciaccona e siciliana). Ubalde e il Chevalier Danois giungono a risvegliare Renaud. Armide, tornata, supplica Renaud che però resta insensibile. Disperata, evoca i demoni a distruggere il suo palazzo e poi parte su un carro volante.
«Pittore e poeta» si definisce Gluck inArmide, e infatti assoluto è il rispetto del testo, secondo i caratteri del declamato francese, e molteplici sono gli episodi strumentali (ammirati da Berlioz) descrittivi della natura – ora placida (atti II e IV) ora spaventosa (IV) – o delle forze infernali (II, III e V). Eliso e Inferi (pur senza i tromboni dell’Orfeo) sono resi con atmosfere già realizzate musicalmente da Gluck, che riunisce e rielabora in quest’opera (secondo la prassi dell’epoca) parecchi brani precedenti, in un trapasso sempre graduale dal recitativo accompagnato all’arioso, ai breviairs(ma c’è anche un’ariadal segno). Anche idivertissementsdanzati si inseriscono con naturalezza, mentre le scene infernali (tipicamente gluckiane per i cori monumentali, le dissonanze, gli ostinati, gli sforzati degli archi e il timbro sacrale degli ottoni) costituiscono un contrasto che fornisce varietà e ridona vitalità alla tradizionale opera francese, e che segnala quel realismo drammatico dei caratteri psicologici auspicato da Diderot. Spiccano particolarmente, comunque, le scene naturalistiche e il monologo sconvolgente di Armide nel quinto atto, mentre il finale d’assieme del primo ha un particolare vigore ritmico che per alcuni prelude a Mozart e può far pensare persino a Rossini. La figura di Armide, con la quale Gluck (come scrisse) avrebbe volentieri concluso la sua carriera, eserciterà un grande fascino nell’Ottocento, servendo d’ispirazione per protagoniste come Leonore o Kundry.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi