Orlando paladino
Dramma eroicomico in tre atti di Nunziato Porta, da Ariosto
Musica di Joseph Haydn 1732-1809
Prima rappresentazione: Esterháza, 6 dicembre 1782

Personaggi
Vocalità
Alcina
Soprano
Angelica
Soprano
Caronte
Basso
Eurilla
Soprano
Licone
Tenore
Medoro
Tenore
Orlando
Tenore
Pasquale
Tenore
Rodomonte
Basso
Note
Questa ampia opera (destinata in origine alla progettata visita del granduca Paolo di Russia, ma poi eseguita per l’onomastico del principe Nicolaus) unisce, in una sintesi di particolare fascino, elementi buffi e seri, dichiarandosi apertamente sin dal titolo come ‘dramma eroicomico’ – caso unico della produzione dell’autore. Il popolare soggetto ariostesco (comune a titoli di Lully, Vivaldi e Händel, per fare solo alcuni grandi nomi) venne adattato da Nunziato Porta da un libretto di Francesco Badini, messo in musica da Pietro Guglielmi (Londra 1771). Prima di giungere a Haydn, il libretto era stato inoltre utilizzato a Praga (1775) e quindi a Vienna (1777).

Atto primo. Il cavaliere Orlando è alla ricerca dell’amata Angelica, che, innamorata di Medoro, non ricambia per nulla le sue attenzioni. Attorno al paladino si muovono diversi personaggi: oltre al fido e comico scudiero Pasquale, giunge dall’Africa il re Rodomonte, ansioso sia di combattere contro Orlando sia di trovare anch’egli Angelica. Il re si imbatte in un gruppo di pastori e pastorelle, tra cui Eurilla, che lo informa della presenza di una coppia di amanti in un castello vicino (Angelica e Medoro, naturalmente) e lo dissuade dall’affrontare il prode Orlando. A sua volta, Rodomonte offre la propria protezione al pastore Licone contro Orlando. Intanto nel vicino castello, Angelica, preoccupata per il destino del suo amore per Medoro, invoca l’aiuto della maga Alcina e viene poi a sapere da Medoro stesso che Orlando si sta avvicinando, armato di tutto punto. Rodomonte ha finalmente trovato un avversario, ma si tratta dello scudiero Pasquale, che, sfidato a singolar tenzone, afferma di poter combattere solo a mani nude. La buffa situazione viene risolta dall’arrivo di Eurilla, che annunzia l’approssimarsi di Orlando e procura del cibo all’affamato Pasquale. Nelle sue ricerche, Orlando trova scritti presso una fonte i nomi di Angelica e Medoro: allora distrugge l’iscrizione, trova il tempo per accusare di codardia Pasquale e infine fa prigioniera Eurilla, che gli narra quanto sa dei due amanti. È troppo: il paladino impazzisce per amore, mentre Pasquale ed Eurilla si precipitano a mettere in guardia Angelica, ma si imbattono in Rodomonte. Interviene quindi Alcina, che trasforma Orlando in insetto.

Atto secondo. Rodomonte e Orlando si sfidano a duello in un bosco, ma vengono raggiunti da Eurilla che annuncia loro la fuga degli amanti: Orlando parte immediatamente all’inseguimento. Medoro ha deciso di farla finita con la vita: prima di gettarsi in mare affida a Eurilla un estremo saluto per Angelica. Anche questa situazione viene turbata dall’arrivo di un guastafeste, Pasquale, che Eurilla spaventa simulando la voce di Alcina. I due amanti riescono finalmente a unirsi, quando appare terribile Orlando. Vengono però salvati ancora una volta dalla maga Alcina. Orlando decide allora di vendicarsi contro quest’ultima e invia il timoroso Pasquale a farle visita. La maga trasforma però il paladino in pietra, poi lo tramuta nuovamente in uomo e lo porta con sé nella sua grotta magica.

Atto terzo. Orlando è stato condotto da Alcina sulle rive del fiume Lete, perché Caronte lo immerga in quelle onde e guarisca così la sua furia. Dimentico così dell’amore per Angelica, il paladino dapprima fa visita a Pasquale ed Eurilla, in procinto di sposarsi, quindi si trova a difendere Angelica e Medoro da un attacco di selvaggi. Dopo il combattimento, cui prende parte anche Rodomonte, Orlando offre i suoi servigi alla bella Angelica, libero ormai da ogni passione nei suoi riguardi. Per accrescere la gioia collettiva, Alcina trasforma il bosco in un magnifico giardino, dove possono finalmente risuonare le lodi dell’amore.

Le maschere della commedia e quella della tragedia si alternano di continuo nella partitura: benché si tratti di una delle opere buffe più significative di quel periodo, un inquietante sentimento tragico è chiaramente avvertibile nella musica. La penna dell’ironia, che Haydn utilizza per rappresentare la variopinta galleria di personaggi, oscilla infatti tra la fine penetrazione psicologica (ad esempio in occasione del ravvedimento di Orlando nel terzo atto) e la creazione di maschere comiche a tutto tondo, come avviene per Pasquale, lo scudiero fanfarone che, novello Sancho Panza, fornisce un adeguato, esilarantealter egoal suo Don Chisciotte. Nel secondo atto, ad esempio, lo scudiero ostenta le sue glorie belliche in un’aria ‘di guerra’ dall’irresistibile carica parodistica (“Vittoria, vittoria”): per l’occasione Haydn chiama in gioco due corni contralto (o trombe) e i timpani. Nel primo atto aveva invece elencato amabilmente i luoghi da lui visitati (“Ho viaggiato in Francia”), esibendosi anche in un’estemporanea sezione da fischiare. Solo per poco Rodomonte non può contendergli la palma del miglior ruolo comico (si valutino le doti di quest’ultimo nell’aria ‘di tempesta’ in re minore nel secondo atto). Il protagonista, il cavaliere senza macchia, si muove invece tra la passione per Angelica e le baldanzose dichiarazioni di eroismo. Eroismo che cede tuttavia di fronte a una più modesta fisionomia da ‘mezzo carattere’. Il paladino non compare continuativamente nell’opera (nel secondo atto è quasi del tutto assente) e le sue azioni sono dettate quasi sempre dal carattere furioso del suo amore. Dietro la facciata spesso comica emerge però il lato patetico della follia. Esempio più notevole della complessità psicologica del personaggio sono il recitativo accompagnato e l’aria “Miei pensieri”, nel terzo atto, al risveglio dell’eroe dal sonno del Lete. Patetici sono anche Angelica e Medoro: a loro spettano le audacie armoniche delle rispettive arie del secondo atto, “Dille che un infelice” e “Aure chete”. La principessa avrà poi un’ultima, felice occasione nell’aria “Dell’estreme sue voci” nel terzo atto, accompagnata dall’eco inquietante dei fiati. Notevoli sono i due complessi finali d’atto primo e secondo, mentre per la conclusione dell’opera il compositore ha intonato il coro finale su una melodia di rondò che verrà ripresa quasi identica inOrfeo o L’anima del filosofo, la sua ultima opera. La morale del dramma viene offerta ai divertiti spettatori di volta in volta dai diversi personaggi singolarmente e dall’intero gruppo compatto. L’azione è preceduta da una brillante ouverture in un solo movimento, spesso eseguita come pezzo da concerto: il carattere del brano ricorda da vicino laSinfonian. 77, forse coeva. L’opera costituì il massimo successo haydniano su scala europea e venne rappresentata anche in lingua tedesca (con il titolo diRitter Roland) al Teatro Erdödy di Presburgo nel 1786, e quindi in altre venti città dell’Europa centrale. Ritenuta da molti musicologi la più significativa opera del compositore, viene ancora oggi ripresa con buona frequenza.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi