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Erwartung
(Attesa) Monodramma in un atto di Marie Pappenheim
Musica di Arnold Schönberg 1874-1951
Prima rappresentazione: Praga, Neues Deutsches Theater, 6 giugno 1924

Personaggi
Vocalità
una donna
Soprano
Note
Forse l’opera più significativa del teatro musicale espressionista, nonché primo lavoro teatrale di Schönberg, venne composta nel 1909 a Vienna. Tanto breve (dura una trentina di minuti) quanto densa di contenuti drammatici e musicali, si avvale di un libretto scritto dalla giovane poetessa e medico Marie Pappenheim, senza dubbio sotto l’influenza dei coevi studi psicoanalitici di Freud. Singolare, o comunque assai insolito in tutta la storia del teatro d’opera, il fatto che nel lavoro compaia un solo personaggio (di qui la scelta del sottotitolo ‘Monodram’): aspetto, quest’ultimo, che accomuna la drammaturgia schönberghiana alla letteratura viennese coeva, se è vero che di lì a poco uno scrittore del calibro di Arthur Schnitzler avrebbe iniziato ad adottare, in alcuni suoi celebri racconti (Leutnant Gustl,Fräulein Else), il corrispondente stile letterario basato sul monologo interiore.

L’atto unico è suddiviso in quattro quadri, i primi tre brevissimi, non occupando insieme che un quarto della durata complessiva.Scena prima. Su una strada al limitare di un bosco, una donna cerca ansiosamente il proprio amante. L’oscurità della notte la opprime.Scena seconda.La donna si inoltra nel bosco seguendo un oscuro sentiero; è terrorizzata dai suoni che la circondano. A un certo momento le sembra di urtare un corpo, ma si tratta semplicemente di un tronco d’albero.Scena terza. Il sentiero si apre su una radura illuminata dalla luna; ma la donna non è meno terrorizzata dalle ombre che le sembra di intravvedere e dai rumori che sente sempre più opprimenti.Scena quarta. Su una strada all’uscita dal bosco la donna, esausta, si imbatte nel corpo inanimato dell’amante, nei pressi di una casa che potrebbe essere quella della rivale: realtà e sogno, immaginazione e delirio isterico a questo punto si confondono nella sua mente; mentre sorge l’alba, si abbandona all’estasi irrazionale dell’attesa.

Il titolo stesso dell’opera fornisce un prezioso suggerimento sulla natura drammaturgica di questo lavoro schönberghiano. L’attesa è infatti una non-azione, uno stato d’animo interiore, e tutta interiorizzata è la vicenda, al punto che l’allucinata e delirante interiorità psichica della donna appare paradossalmente come il solo elemento scenico-rappresentativo ‘concreto’ dell’opera, che inevitabilmente offre il fianco alle più diverse interpretazioni – un autentico profluvio se ne sono registrate nel corso del secolo – in chiave simbolica, mitologica, letteraria, psicoanalitica, filosofica. Considerata la modernità dell’assunto, non stupisce cheErwartungabbia dovuto attendere quindici anni prima di debuttare su un palcoscenico teatrale; ma da allora è rappresentata assai frequentemente nei teatri di tutto il mondo, ed è giustamente considerata, con una sostanziale unanimità critica, tra i titoli più rappresentativi del nostro secolo. Non meno dirompenti e innovativi di quelli drammatici sono infatti gli elementi musicali che a quelli si connettono – e con un rapporto di reciprocità tra linguaggio musicale e drammaturgia che è proprio dei più alti capolavori del teatro musicale. La partitura diErwartungè la prima integralmente atonale nella storia dell’opera, e ciò implica una ‘dissociazione’ dei parametri musicali tradizionali (armonici, ritmici, timbrici e melodici), che meglio di qualsiasi altro espediente teatrale restituisce la tensione drammatica e l’irrazionalità delle associazioni psichiche della donna. Ciò non significa che il linguaggio, anche nei momenti di più tesa lacerazione, non sia sottoposto al vigile controllo del compositore, in modo da risultare coerentemente unitario. L’elemento portante della partitura è dato dalla proliferazione continua del canto che, nella varietà dei modi d’emissione indicati – dal quasi parlato all’arioso, dal declamato al lirico – aderisce alla logica testuale ed emotiva del dramma. Un canto che nel rifuggire da ogni convenzione formale, sia essa legata alla stroficità melodica italo-francese o al tematismo leitmotivico germanico, rivela una molteplicità di rapporti logici nelle trasformazioni motiviche, negli aggregati accordali e nei principi d’orchestrazione che caratterizzano la partitura: la sua densità polifonica, che prevede un organico tanto ampio da essere paragonabile a quelli straussiani perSalomeoElektra(anche se, come ha suggerito Dahlhaus, in Schönberg il timbro è una funzione della polifonia, un mezzo per chiarirla e non, come in Strauss, la polifonia una funzione della ricchezza dei timbri orchestrali), è insomma coerentemente regolata da quella meticolosità certosina e da quell’amore per il dettaglio che si ritrovano in tutta l’opera di Schönberg, motivandone ulteriormente la grandezza.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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