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Roberto Devereux
o Il conte di Essex Tragedia lirica in tre atti di Salvatore Cammarano
Musica di Gaetano Donizetti 1797-1848
Prima rappresentazione: Napoli, Teatro San Carlo, 28 ottobre 1837

Personaggi
Vocalità
Elisabetta
Soprano
il duca di Nottingham
Baritono
Lord Cecil
Tenore
Roberto Devereux
Tenore
Sara
Mezzosoprano
Sir Gualtiero Raleigh
Basso
un famigliare di Nottingham
Basso
un paggio
Contralto
Note
Donizetti attese alla composizione dell’opera nel corso della terribile estate del 1837, durante la quale perse il terzo figlio e soprattutto l’amata moglie Virginia Vasselli (30 luglio). Le prove avrebbero dovuto iniziare nei primi giorni di settembre, ma qualche difficoltà con la censura (soprattutto per il problema della decapitazione del protagonista) determinò il rinvio di un mese. L’opera andò poi in scena con Giuseppina Ronzi protagonista (che per Donizetti aveva già interpretato i ruoli di Fausta, Sancia, Maria Stuarda e Gemma) ed ebbe una buona accoglienza. Nel 1838, in occasione della ‘prima’ parigina al Théâtre Italien, Donizetti compose una nuova ouverture, utilizzando il tema della cabaletta di Roberto “Bagnato è il sen di lacrimeâ€.

Atto primo. I nobili Cecil e Raleigh premono perché la regina condanni per tradimento Roberto Devereux, suo amante segreto, ma costei, benché certa di non essere più corrisposta, rifiuta. Roberto incontra Sara, moglie di Nottingham, un tempo sua amante, e le rimprovera di essersi sposata; nell’atto di congedarsi, il conte le dona l’anello regalatogli dalla regina, ricevendo in cambio una sciarpa.

Atto secondo. Roberto è condannato; inutilmente Nottingham, suo amico, cerca di difenderlo. La regina persegue il suo disegno di vendetta, poiché ha ormai capito che il conte le è infedele; quando Nottingham scorge la prova dell’adulterio, la sciarpa, riconoscendola per quella della moglie, vorrebbe farsi giustizia da sé, ma Elisabetta fa rinchiudere l’antico amante nella torre di Londra.

Atto terzo. Roberto scrive a Sara, e le chiede di recarsi dalla regina con l’anello che le ha donato. Elisabetta, in preda a opposti sentimenti, vorrebbe perdonare Roberto ma Sara, tenuta prigioniera dal marito, giunge a chiedere la grazia solo quando la sentenza è stata eseguita. La regina, appreso il comportamento di Nottingham, fa imprigionare entrambi; poi, ossessionata dalla visione del fantasma di Roberto, abdica in favore di Giacomo I.

Roberto Devereuxsi pone a un punto di svolta nella complessa evoluzione drammaturgica di Donizetti. Se infatti ripropone pur sempre gli intrighi e le oscure suggestioni che furono già diAnna Bolena, rispetto a questa amplia notevolmente i limiti tradizionali imposti dalla tradizione lirica ai personaggi, approfondendone l’indole drammatica e il complesso dissidio spirituale. Giovandosi dell’esperienza maturata inBelisarioe soprattutto inPia de’ Tolomei, il musicista indagò più a fondo la figura di Elisabetta, ben oltre i limiti tradizionali offerti dalla precedenteElisabetta al castello di Kenilworthe persino daMaria Stuarda, e ne fece un personaggio tragico e risoluto (cui corrisponde una vocalità impervia, virtuosistica e dolente al tempo stesso), dominato dalla gelosia e dalla smania di vendetta: vicina in questo a Norma, ma più incline al ripiegamento interiore e alla disperazione. Questa ricerca espressiva, che appare ancora in ombra nel primo atto, contrassegnato da un regolare succedersi di arie doppie (romanza di Sara a parte), emerge maggiormente nel finale secondo, dove Donizetti impiega ogni energia per evitare un calo nella tensione narrativa dell’episodio, evitando una soluzione adottata per la stretta del finale diLucia. Non a caso William Ashbrook ha potuto sostenere che «nel secondo atto diRoberto Devereuxsi realizza, in modo molto italiano, l’ideale wagneriano del dramma musicale». Altrettanto significativa è la scena della prigione, abilmente tratteggiata con un breve preludio che, pur richiamando alla menteFidelio(Donizetti aveva studiato con Simone Mayr, che ben conosceva Beethoven), sembra anticipare talune suggestioni delBallo in maschera(si pensi all’introduzione alla scena di Ulrica).

L’opera si rivelò tra i lavori più vitali di Donizetti nel secolo scorso, tanto da essere ancora rappresentata nel 1882. In tempi recenti la ripresa dell’opera risale al 1964, nell’interpretazione di Leyla Gencer. Da allora l’opera è stata rappresentata in Italia (Bergamo 1967, Venezia 1970, Festival della valle d’Itria 1985) e nel mondo (Barcellona, Londra, Amburgo, Liegi) con una certa frequenza; il ruolo di Elisabetta è stato abitualmente interpretato da Montserrat Caballé.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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