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Fanciulla di neve, La
[Snegurocka] Opera fantastica in un prologo e quattro atti proprio, dal racconto di Aleksandr Ostrovskij
Musica di Nikolaj Rimskij-Korsakov 1844-1908
Prima rappresentazione: Pietroburgo, Teatro Mariinskij, 29 gennaio 1882. Prologo: Vesna-Krasna [la bella Primavera] (Ms); De

Personaggi
Vocalità
Bermijata
Basso
Bobïl-Bakula
Tenore
Bobïlikha
Mezzosoprano
I uscere
Tenore
II uscere
Basso
il Folletto della foresta
Tenore
Kupava
Soprano
la bella Primavera
Mezzosoprano
la Fanciulla di Neve
Soprano
Lel’
Contralto
lo zar Berendeij
Tenore
Mizgir’
Baritono
un paggio di corte
Mezzosoprano
Note
Quando ideò il suo ‘racconto primaverile’, Ostrovskij già pensava a una sua possibile realizzazione teatrale, includendovi l’esecuzione di famose canzoni e danze popolari, che consentissero allo spettatore di rievocare lo spirito degli antichi miti pagani e dell’eterno rapporto tra uomo e natura. L’avvento della bella stagione è propiziato anche dai riti in cui il popolo, secondo Ostrovskij, crede ancora, anche se a livello inconscio, così come ha una sorta di timore reverenziale per le forze della natura quali il sole, il freddo inverno russo e il vento.

La Fanciulla di neve prega i suoi genitori di lasciarla vivere fra gli umani, poiché questo rappresenta il suo più grande desiderio; Nonno Freddo, riluttante, acconsente, ma la fa seguire dal Folletto della foresta per controllarla. La Fanciulla di neve arriva all’insediamento dei Berendeijani e viene adottata da Bobïl e da sua moglie. Un giorno alla capanna di Bobïl giunge Lel’, che canta due canzoni in omaggio alla Fanciulla di neve, chiedendole in cambio un bacio. Nell’ascoltare le canzoni del pastore la Fanciulla si commuove, e pensa di ricompensarlo più adeguatamente offrendogli invece un fiore, ma Lel’ sembra non apprezzare il gesto. La Fanciulla di neve si rimprovera di avere un cuore freddo come quello del padre. Arriva a consolarla Kupava, seguita dal fidanzato Mizgir’, il quale però si innamora della Fanciulla di neve non appena la scorge, e decide di rompere il fidanzamento con Kupava; quest’ultima, estremamente offesa, propone di lasciar giudicare la questione allo zar che, interpellato, sentenzia la colpevolezza di Mizgir’ e lo fa allontanare dal villaggio. Lo zar Berendeij possiede doti profetiche, e sa che se la Fanciulla di neve si innamorasse di qualcuno la loro terra finalmente si riscalderebbe, visto che si trovano ormai prossimi alla Kupala (che nel calendario russo è il solstizio d’estate) ma fa ancora freddo; perciò promette una ricompensa a colui che farà innamorare di sè la Fanciulla, concedendo anche a Mizgir’ il permesso di provare. A conclusione della riunione, lo zar chiede a Lel’ di cantare per lui, in cambio del permesso di baciare una fanciulla fra quelle presenti; al termine della canzone, con sorpresa di tutti, Lel’ sceglie Kupava (che nella trama rappresenta la Kupala), optando per il calore umano piuttosto che per il freddo fascino della Fanciulla di neve. Questa aggredisce Kupava, ingelosita, ma Lel’ la ferma, ricordandole che il suo cuore è ancora freddo; la Fanciulla ora desidera più di ogni altra cosa la capacità d’amare. Chiama la madre, che esaudisce anche questo suo desiderio. Segue un cambiamento istantaneo: la natura splende rigogliosa al caldo dell’estate; la Fanciulla incontra Mizgir’ e ricambia finalmente il suo amore, ma quando viene colpita dai primi raggi di sole si scioglie. Mizgir’, disperato, si getta nel lago. I Berendeijani, che hanno assistito alla scena, sono sconvolti; ma vengono confortati dallo zar, che spiega loro la ragione divina per cui quegli avvenimenti dovevano aver luogo: il dio del sole, Ijarilo, era in collera con la Fanciulla di neve, e voleva punirla; ora che si è sfogato, può rasserenarsi e scaldare la loro terra.

La chiave di lettura del testo è proprio questa: il sacrificio della Fanciulla di neve simboleggia la fine del freddo invernale e l’avvento del sole, e il senso di amore-morte che pervade la storia vuole significare che solo attraverso la morte dei protagonisti tornerà il sole, e con esso la nuova vita della natura, che si perpetua anno dopo anno, ciclicamente. Il testo di Ostrovskij era già stato ideato in versi, per cui non subì cambiamenti nella versione di libretto operistico, tranne alcuni tagli che divennero ancor più numerosi in una seconda versione elaborata da Rimskij-Korsakov nel 1895. Rimskij-Korsakov stesso volle tentare un’analisi della propria opera, classificando innanzitutto i personaggi in quattro categorie: mitologici (ad esempio Nonno Freddo, la bella Primavera, o il Folletto della foresta), ‘misti’ (la Fanciulla di neve), umani (Kupava, Mizgir’) e corali (il coro dei Berendeijani). Poi sottolineò l’identificazione di ciascuna di tali categorie con un certo stile compositivo: nell’accompagnamento orchestrale degli dèi della natura ricorrevano armonie ardite, poco convenzionali, con frequenti intervalli di tritono e dissonanze, mentre veniva utilizzato un linguaggio musicale sentimentale per i personaggi umani; i tipi ‘misti’ risultavano, a seconda delle esigenze compositive e della trama, assimilabili ora a una, ora all’altra categoria, e infine nei momenti corali risuonavano armonie modali, spesso in metri per noi inusitati (ad esempio in 11/4, come nell’inno a Ijarilo posto a conclusione dell’opera). Inoltre, avvicinandosi idealmente a Wagner, Rimskij ideò dei ‘timbri conduttori’: il flauto per la Fanciulla di neve, il clarinetto per Lel’. Il finale dell’opera potrebbe far pensare a una tragedia per la morte dei protagonisti, ma così non è assolutamente, anzi, la conclusione è allietata dal calore del sole; anche le vicende più drammatiche diventano più leggere se viste attraverso il velo incantato che Rimskij-Korsakov ci pone davanti agli occhi.


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