Matrimonio segreto, Il
Dramma giocoso in due atti di Giovanni Bertati
Musica di Domenico Cimarosa 1749-1801
Prima rappresentazione: Vienna, Burgtheater, 7 febbraio 1792

Personaggi
Vocalità
Carolina
Soprano
Elisetta
Soprano
Fidalma
Soprano
Geronimo
Basso
il conte Robinson
Basso
Paolino
Tenore
Note
Anche per Cimarosa, come già per Paisiello nel 1784, Vienna rappresentò una tappa obbligata nel viaggio di ritorno dalla Russia a Napoli. Alla corte di Caterina II Cimarosa era rimasto quattro anni, dal 1787 al ’91, senza particolari soddisfazioni, producendo solo tre opere per i teatri russi. Verso la fine del ’91 giunse a Vienna e si vide subito commissionare dall’imperatore Leopoldo II un’opera per il Burgtheater, il primo dei due teatri di corte. A differenza di Paisiello, che si era fermato nella capitale asburgica solo pochi mesi, giusto il tempo di comporre e far rappresentare ilRe Teodoro in Venezia, Cimarosa vi si trattenne un anno e mezzo circa, componendovi due opere: ilMatrimonio segretonel ’92 eAmor rende sagacenel ’93. L’autore di entrambi i libretti era Giovanni Bertati, nominato proprio nel ’91 poeta dei teatri imperiali dopo una lunga milizia veneziana in campo librettistico. Spetta a Francesco Degrada il merito di aver individuato le fonti inglesi e francesi che stanno alla base del libretto di Bertati: all’origine del filone vi è il pittore inglese William Hogarth con il ciclo di tele intitolatoLe mariage à la mode, realizzato a Londra intorno al 1745 e ampiamente divulgato sotto forma di incisioni. A Hogarth si ispirarono George Colman e David Garrick per la commediaThe clandestine marriage, data a Londra nel 1766. Dal precedente pittorico i due commediografi trassero, oltre all’ispirazione satirica, lo spunto del matrimonio d’interesse tra un nobile e la figlia di un ricco borghese, con la differenza che nella commedia il matrimonio è solo progettato poiché la ragazza ha già sposato segretamente un innamorato di scarsi mezzi finanziari. Molti tra i personaggi della commedia inglese lasciano già intravedere in controluce quelli dell’opera di Bertati-Cimarosa. L’elemento sentimentale introdotto da Garrick e Colmann viene raccolto e rielaborato in senso apertamentelarmoyantda Madame Riccoboni inSophie ou le mariage caché, unopéra-comiquemusicato da Joseph Kohaut nel 1768. Ultimo anello della catena, probabilmete quello cui si riferì direttamente Bertati, è un altroopéra-comique,Le Mariage clandestindel visconte de Ségur e Francois Devienne, andato in scena a Parigi nel 1790.

Rispetto ai vari precedenti, il libretto di Bertati comporta una semplificazione e un adeguamento alla tradizione dell’opera comica italiana. Il matrimonio segreto è quello contratto da un giovane di negozio (Paolino) con la figlia del padrone (Carolina). Il padre Geronimo, ricco mercante, smania di maritare le due figlie ad altrettanti titolati, cominciando dalla primogenita (Elisetta), per la quale ha già combinato le nozze con il conte Robinson dietro promessa di una lauta dote. Può dunque annunciare tutto trionfante alla famiglia l’accordo concluso (“Udite, tutti udite”) e rassicurare Carolina che anche per lei arriverà il momento di sposare un aristocratico. Giunge frattanto il conte Robinson e subito lascia intendere di essere più attratto da Carolina che dalla sposa, suscitando lo sconcerto degli astanti (quartetto “Sento in petto un freddo gelo”). Riesce poi a rimanere per qualche tempo solo con la prediletta fra le due sorelle e ne approfitta per avanzare proposte di matrimonio. Nell’intento di scoraggiarlo, Carolina gli dice di essere una ragazza semplice, per nulla interessata alla nobiltà e alla bella vita (“Perdonate, signor mio”). Il conte non si perde d’animo e rinnova poco dopo leavances, ma viene questa volta sorpreso da Elisetta, che grida al tradimento e chiama a soccorso tutta la gente di casa. In un colloquio privato con Geronimo, il conte dichiara di non voler rispettare l’impegno preso, ma si dice pronto a rinunciare a metà della dote se in cambio di Elisetta potrà sposare Carolina. L’idea di un così consistente risparmio calma la furia del vecchio e spiana la strada a un nuovo accordo (duetto “Se fiato in corpo avete”). La novità viene appresa con sgomento dai due sposi segreti, anche perché Paolino aveva sperato proprio nell’aiuto del conte, suo antico padrone, per svelare a Geronimo l’unione contratta con la figlia. Nasce poi un altro intoppo: Fidalma, zia delle ragazze, vedova in cerca di nuovo marito, ha messo gli occhi su Paolino e in seguito a un equivoco si è convinta che egli ricambi il suo interesse. La situazione sembra precipitare. Paolino convince Carolina a tentare con lui la fuga di casa (“Pria che spunti in ciel l’aurora”). Fidalma ed Elisetta convincono invece Geronimo a mandare Carolina in un ‘ritiro’ e a insistere perché il conte mantenga il primo impegno. Si farà tutto il giorno dopo. È notte e ognuno va nella propria stanza, ma nessuno dorme davvero: Paolino e Carolina si apprestano a fuggire, quando un rumore li fa indietreggiare; Elisetta crede che il conte e la sorella si siano chiusi in camera e chiama a testimoni padre e zia; il conte si sente accusato ed esce a chiederne conto. L’andirivieni sfocia nella scoperta dei due sposi, che finalmente rivelano a Geronimo il loro segreto. A quel punto il conte accetta di sposare Elisetta e intercede in favore di Paolino e Carolina. Lo stesso fanno Elisetta e Fidalma, fino a che la collera di Geronimo cede il passo al perdono e all’allegria generale.

Nel libretto di Bertati gli elementi di satira sociale presenti nei vari modelli vengono ampiamente smorzati e praticamente ridotti alla presa in giro del borghese smanioso di nobilitarsi (ma contentissimo di risparmiare metà della dote quando se ne presenta l’occasione). Il nucleo ideologico è ancora rappresentato dal prevalere degli affetti sul calcolo, non senza una sfumatura egualitaria, poiché Paolino è pur sempre inferiore a Carolina nella scala sociale. È però un egualitarismo occasionale, estraneo a ogni suggestione utopica e sostanzialmente ambiguo, perché alla fine colui che agisce e decide nella commedia è un aristocratico, «uomo di mondo» come lo definisce ripetutamente il libretto, la cui superiorità morale non è mai messa in discussione (e viene peraltro lautamente ricompensata con centomila scudi della dote). In questo senso ilMatrimonio segretorispecchia bene il clima sociale dominante a Vienna dopo il tramonto delle utopie giuseppine e trova riscontro in un’altra opera viennese di un paio d’anni prima,La cifradi Da Ponte e Salieri (fine 1789), anch’essa inneggiante al superiore prestigio della nobiltà, pur nell’ambito di una trama di ambientazione agreste e non cittadina come questa. La continuità con la tradizione buffa è assicurata dalla sopravvivenza di tipi teatrali quali la ragazza sentimentale, il ‘primo amoroso’, il vecchio rabbioso e gabbato, e così via. Anche un episodio come il finale notturno, in cui i personaggi si spiano l’un l’altro, si sorprendono, entrano ed escono dai lati opposti della scena, affonda le sue radici in una lunga tradizione preesistente alleNozze di Figaro, che pure vengono spesso invocate come modello dalla letteratura critica. Il testo dovette insomma suonare rassicurante per un pubblico come quello dell’ultimo decennio del Settecento, che all’opera buffa chiedeva soprattutto la fedeltà alle tradizioni. E sulla stessa linea si muove Cimarosa: il musicista non fa che applicare a uno dei migliori libretti che gli siano mai capitati fra le mani lakoinémusicale dell’opera buffa (fatto, quest’ultimo, che nel secolo successivo spingerà Eduard Hanslick all’accostamento tra Cimarosa a Mozart, da lui visti come membri della stessa ‘patria musicale’, l’Italia). Sotto il formulario stilistico collaudato è comunque percepibile la personale maniera di Cimarosa, qui affinata da vent’anni di pratica delle scene, fatta di una sostanzialemedietasstilistica, equidistante dal pathos scoperto di matrice piccinniana così come dalla comicità grottesca di certo Paisiello. Certo non mancano inflessioni di struggente malinconia nelle parti dei due sposi segreti, né esplosioni di vitalismo comico (valga per tutte la baruffa del finale primo); non gli esempi di esattezza mimetica nella resa di situazioni e atteggiamenti; ma a conti fatti i personaggi finiscono con l’assomigliarsi l’uno all’altro in virtù di un’invenzione melodica senza pause, che smussa le angolosità, circola in ogni anfratto della commedia, anche in quelli per convenzione meno disposti ad accoglierla. Non solo nei momenti lirici, nei movimenti lenti, ma anche in quelli veloci, anche in orchestra, tingendosi di colori caldi grazie a una raffinata strumentazione. I disegni orchestrali, che si sovrappongono alle voci secondo una diffusissima e ben nota consuetudine dell’opera buffa, sono spesso in Cimarosa veri e propri temi e partecipano a pieno titolo di quella cantabilità. Raramente l’atteggiamento stilistico settecentesco dell’‘allegro cantabile’ riesce così seducente come nel tema di violini e oboi che fa da sfondo al sillabato di Geronimo, quando nella sua prima aria annuncia a Elisetta: “un matrimonio nobile/ per lei concluso è già”, con quel che segue. Avviene persino che la vena melodica prenda la mano a Cimarosa e lo induca a creare effetti stranianti, come l’inatteso sbocciare di un malinconico spunto strumentale, modulante da si bemolle maggiore a do minore, sotto il borbottìo comico del conte e di Geronimo nel loro duetto all’inizio del secondo atto. La disposizione edonistica che contraddistingue l’opera buffa italiana si manifesta in Cimarosa proprio sotto forma di un continuo fluire della melodia. Così avviene un po’ in tutto Cimarosa, almeno a partire dagli anni Ottanta del secolo, ma se ilMatrimonio segretoci è stato tramandato come il capolavoro dell’autore è perché, bontà del libretto a parte, l’invenzione non conosce debolezze o cedimenti. Il valore dell’opera fu riconosciuto di primo acchito, come attesta non solo il notissimo aneddoto della sua replica integrale il giorno della ‘prima’, dopo un pranzo offerto ai cantanti dall’imperatore, ma soprattutto la vastissima circolazione europea. IlMatrimonio segretofu, tra l’altro, l’unica opera italiana del XVIII secolo a rimanere pressoché ininterrottamente in repertorio fino a oggi. L’aura di cui essa restò circondata (grazie soprattutto alla penna di Stendhal) ne fece un simbolo dell’opera buffa e insieme dell’intero Settecento, come epoca dell’innocenza e della spontaneità creativa.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi