Beatrix Cenci
Opera in due atti di William Shand e Alberto Girri
Musica di Alberto Ginastera 1916-1983
Prima rappresentazione: Washington, Kennedy Center, 10 settembre 1971

Personaggi
Vocalità
Andrea
Baritono
Beatrix Cenci
Soprano
Bernardo
Tenore
Giacomo
Baritono
I invitato
Baritono
II invitato
Baritono
III invitato
Basso
il conte Cenci
Baritono
Lucrecia Cenci
Mezzosoprano
Marzio
Recitante
Olimpio
Recitante
Orsino
Tenore
Note
Come per le sue precedenti opereDon Rodrigo(1964) eBomarzo(da Manuel Muijca Lainez; Washington 1967), Ginastera ricorse perBeatrix Cencia un fosco soggetto storico, ambientato nella Roma rinascimentale. Un coro parlato introduce l’azione, prefigurando allo spettatore i tragici avvenimenti cui assisterà. Il conte Francesco Cenci, uomo potente e ‘padre padrone’, tiene segregate nel suo palazzo-fortezza di Petrella, custodito da cani feroci, la moglie Lucrecia e la figlia Beatrix. Nella sua paranoica crudeltà, lascia sgomenti gli ospiti festeggiando con un banchetto fastoso la notizia della contemporanea morte del primogenito e di un altro figlio a Salamanca. Beatrix ha il presentimento che la follia del padre superi ormai ogni limite lecito e cerca di far pervenire tramite Orsino, un suo precedente innamorato, un messaggio di aiuto al papa. Ma questi, temendo Cenci, straccia la missiva senza nemmeno aprirla. Nella notte la lussuria di Cenci si sfoga, com’era prevedibile, sulla figlia. L’odio tiene in vita Beatrix, che decide di farsi strumento della morte del padre. D’accordo con la madre e il fratello Giacomo, assolda due sicari, che uccidono il padre-orco nel sonno. La rovina si abbatte sulla casata dei Cenci. Le guardie, saputo dagli assassini come sono andate le cose, arrestano Beatrix. Condannata a morte, la giovane supplica invano di essere risparmiata, così da non dover incontrare all’inferno l’orrendo genitore.

In questo dramma dalle tinte sin troppo accese, Ginastera tenta come aveva fatto in precedenza di coniugare un impianto drammaturgico tradizionale a una scrittura musicale aggiornata. L’esito è però dubbio, dal momento che finisce per sommare, per così dire, gli aspetti peggiori diToscaa quelli della musica di Boulez. La mano dell’autore è attenta più alle necessità dell’epoca che a quelle del proprio stile: gli ‘ingredienti’ (serialismo, scrittura ‘a fasce’, elementi folkloristici) si fondono costantemente, ma l’amalgama rimane poco riuscito. Il prezzo più alto è pagato alla vocalità, greve e frantumata, confinata sullo sfondo da un’orchestra illividita. Il canto slitta spesso nel parlato e nel gridato, ma più per dimostrare di essere injeansche per un’autentica necessità espressiva.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi