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Fledermaus, Die
(Il pipistrello) Operetta in tre atti di Carl Haffner e Richard GenĂŠe, da Le Reveillon di Henri Meilhac e Ludovic HalĂŠvy
Musica di Johann Strauss jr. 1825-1899
Prima rappresentazione: Vienna, Theater An der Wien, 5 aprile 1874

Personaggi
Vocalità
Adele
Soprano
Alfred
Tenore
Blind
Recitante
Falke
Baritono
Frank
Basso
Frosch
Recitante
Gabriel von Eisenstein
Ida
Recitante
Ivan
Recitante
Orlofsky
Mezzosoprano-Contralto
Rosalinde
Soprano
Note
Strauss impiegò quarantatre giorni per comporre la partitura delPipistrello, capolavoro non solo suo, ma di un genere considerato minore come l’operetta. Una decina d’anni prima Offenbach gli aveva detto che sarebbe stato un buon compositore di operette: ci aveva provato, ma la fortuna di incontrare un libretto teatralmente plausibile sarebbe venuta solo colPipistrello. Mettere un valzer sotto le parole era il suo mestiere.

Atto primo. Vienna, una stanza di casa Eisenstein, il mondano marito di Rosalinde. Si ode una serenata alla padrona di casa. Adele se ne sta tutta contenta a leggere una lettera di sua sorella Ida, che è stata invitata al ballo organizzato dal ricco principe russo Orlofsky: potrà accompagnarla, Adele, se trova qualcosa da mettere. Ma, poveretta, si vede rifiutare da Rosalinde, sua padrona, il permesso che le sarebbe necessario – mente – per far visita a una vecchia zia che non sta tanto bene. Invece dovrà stare in casa perché quella sera Eisenstein inizia a scontare una condannuccia di cinque giorni per aver schiaffeggiato un pubblico ufficiale. E così Adele, già singhiozzante, lungi dal far compagnia al ballo a Ida, dovrà far compagnia a Rosalinde, che resterebbe sola in casa, esposta alle molestie o tentazioni. Intanto si scopre, infatti, che l’autore della serenata fuori scena era Alfred, tenore italiano. Come ogni tenore italiano, per esempio come il suo omologo nelRosenkavalierdi Strauss Richard, è lì apposta per cantare. Ma questo di italiano ha solo ilpathose gli acuti. Infatti fa la serenata in tedesco, perché è innamorato di Rosalinde, e se ne andrà soltanto, dice, quando saprà di poter tornare, approfittando del carcere di Eisenstein. Il quale Eisenstein arriva: si va lamentando con Blind, suo avvocato, per l’aumento di tre giorni della pena (“Nein, mit solchen Advokaten”). Arriva Falke: perché non rimanda l’inizio della pena, dice a Eisenstein, così da poterlo accompagnare al ricevimento di Orlofsky? Rosalinde, stupita nel vedere il marito in abito da sera per andare in prigione, intravede però la possibilità di incontrare lo spasimante Alfred e di andare al ricevimento di Orlofsky, al quale pure lei è invitata. Così dice subito ad Adele che sì, se vuole può andare. Tutti e tre, Eisenstein, Adele e Rosalinde, fanno finta di dispiacersi che Rosalinde resti sola (“So muss allein ich bleiben”). In realtà, restata sola, ecco Alfred, che, mettendosi gli abiti da casa di Eisenstein, è pronto per una saporita cenetta, prontamente ordinata per se stessa, in prospettiva di rimaner sola, da Rosalinde (“Mein Herr, was dächten Sie von mir”). C’è un guastafeste: è Frank, nuovo direttore delle carceri, che è venuto a prendere Eisenstein, prima di recarsi, come tutti, da Orlofsky. Alfred, che ama Rosalinde, per non comprometterla, si lascia portar via al posto del di lei marito, che Frank non ha mai visto.

Atto secondo. Nella villa di Orlofsky, mentre si festeggia e ci si diverte – e mentre Orlofsky si annoia. Si ordisce uno scherzo a Eisenstein, per sollazzo di Orlofsky tramato da Falke, che vuol finalmente vendicarsi di quella volta che Eisenstein, era carnevale, lo aveva fatto tornare a casa, a luce del giorno, vestito da pipistrello. Alla festa di oggi Eisenstein è il marchese Renard, e punta Olga, nella quale poi riconosce Adele, dicendole di averla scambiata, benché mascherata, per una cameriera della festa. Adele un po’ si schermisce, un po’ schernisce (“Mein Herr Marquis”). A Eisenstein-Renard viene presentato il cavalier Chagrin, che altri non è se non il direttore delle carceri. Si annuncia l’arrivo di una contessa ungherese in maschera: è Rosalinde, subito corteggiata da molti e in particolare dal marito, che non l’ha riconosciuta (“Dieser Anstand, so manierlich”). Eisenstein le mostra il suo bell’orologio, che lei gli sottrae imitandone ilcarillon. È il momento in cui gli invitati dovrebbero svelare le rispettive identità. Rosalinde non vuole, e canta unacsárdás, per far vedere e sentire quant’è ungherese (“Klänge der Heimat”). Orlofsky canta un’aria dello champagne (“Im Feuerstrom der Reben”) e tutti fraternamente si vogliono bene a ritmo di valzer (“Brüderlein, Brüderlein, und Schwesterlein”). Alle sei Eisenstein e Frank se ne vanno: tutti e due verso la prigione, ignorando che l’uno è il direttore del carcere e l’altro il carcerato.

Atto terzo. Nell’ufficio del direttore delle carceri. È l’alba. Alfred sta cantando. Il guardiano Frosch, ubriaco, zittisce Alfred e prepara il rapporto per Frank, che torna direttamente, reduce ancora inebriato dalla festa presso Orlofsky. Sopravviene Adele che, siccome vuol fare l’attrice, si esibisce per il cavalier Chagrin (“Spiel’ ich die Unschuld vom Lande”), appunto Frank, che non le è indifferente: vorrebbe da lui, però e soprattutto, esser presentata a qualche impresario teatrale. E arriva pure Eisenstein, per iniziare la pena: resta a bocca aperta vedendo lì il cavalier Chagrin, il quale gli dice di aver arrestato Eisenstein la sera precedente. Arriva infine anche Blind, l’avvocato, chiamato da Alfred; Eisenstein indossa cappotto, parrucca e occhiali di Blind e, presente pure Rosalinde, che vuol far liberare Alfred, la sottopone ad interrogatorio insieme ad Alfred medesimo: cosa è successo in quella casa, la sera prima, mentre Eisenstein non c’era, e chi è stato arrestato al suo posto? Poi Eisenstein si rivela, ma Rosalinde sdegnata gli mostra l’orologio che gli ha sottratto alla festa: ecco la vendetta sul marito volubile. Tutti sono in scena quando Falke rivela che ciò a cui hanno assistito è la vendetta del pipistrello. Eisenstein non se ne ha a male. Anzi: tutti insieme danno la colpa di ogni cosa allo champagne.

Tra le difficoltà di rappresentare l’opera c’è quella di lasciare il tutto alla sua leggerezza. Così ruoli e situazioni sono lasciati all’inventiva del momento, e la festa a casa Orlofsky può diventare occasione di contemporaneo chiacchiericcio, satirico e no, sulla politica e la cronaca, o occasione per esibizioni felicemente anacronistiche (in un’incisione di Karajan rimasta celebre, si cantavanoAnna prendi il fucile, Summertime,My fair Lady). Oltretutto, i ruoli vocali sono felicemente ibridi: Eisenstein è in partitura tenore e nella prassi spesso baritono, con tessitura dunque che richiede sapienza vocale al limite del rischio. Orlofsky è parteen travestiper mezzosoprano o contralto, ma Carlos Kleiber, per esempio, l’ha affidata talvolta, con risultati discussi e discutibili, a un falsettista. Si può dire, tutto considerato, che la capacità di preservare la leggerezza dell’opera consiste nel saperlo preservare quale luogo di gioco e di grande libertà, sottraendolo alla maniera. Grande rilievo vi hanno inoltre certi passaggi tratti dalla musica popolare non solo viennese (su tutte, si veda lacsárdáscantata da Rosalinde, o la polka nel finale del secondo atto), cui si accompagnano, per puro gioioso divertimento, vocalità funamboliche, virtuosismi nelle entrate vocali, accompagnamenti scanzonati, melodie straripanti e irresistibili. E poi ritmo, ritmo come dice la musica e come ribadisce la trama: tutti si ritrovano ovunque, in un girotondo festoso e in una saga delle coincidenze. Insomma,Die Fledermausè un luogo di felicità, la realizzazione scenica della gioiosa malinconia del valzer; ma non solo. Se infatti gran parte dell’insieme si deve al valzer, tutta la partitura è spumeggiante, divertita, ironica: fatta per durare. Venti anni dopo la caduta della ‘prima’ (una quindicina di rappresentazioni), poi salutata dal successo a Parigi e Berlino, dopo un ventennio di successo popolare e di riserve critiche, il titolo entrerà trionfalmente nel repertorio dell’Opera di Vienna, per consegnare la propria perenne giovinezza al repertorio classico.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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