Durante la gestazione del
Trovatore, nel 1852, Verdi si recĂČ a Parigi per firmare un contratto con lâOpĂ©ra, per una nuova partitura da rappresentarsi due anni dopo. Grazie al prestigio internazionale ormai raggiunto, durante la lunga fase di scelta del soggetto e di elaborazione del libretto gli fu sempre possibile imporre il proprio punto di vista minacciando ripetutamente lo scioglimento del contratto, sintomo della sua volontĂ di lavorare nelle migliori condizioni. Scrivere per lâAcadĂ©mie impĂ©riale de musique, per un compositore italiano, significava esporsi a un banco di prova pericoloso, e al tempo stesso raggiungere una consacrazione ufficiale. Parigi aveva applaudito nella
JĂ©rusalem, anni prima, il rifacimento globale dei
Lombardi alla prima crociata: le convenzioni da seguire nella capitale francese Verdi le conosceva bene. Per il nuovo libretto si preoccupĂČ di scegliere le proporzioni piĂč ampie possibili e un taglio da
grand-opĂ©racanonico, nonostante negli ultimi anni la grandiositĂ non fosse piĂč un imperativo e il repertorio dellâAcadĂ©mie comprendesse anche opere come la
Favoriteo
Lucie de Lammermoor. Scribe suggerĂŹ al compositore di musicare un adattamento di un suo vecchio libretto,
Le duc dâAlbe, preparato per HalĂ©vy nel 1838 e poi destinato a Donizetti. Lâazione passĂČ dai Paesi Bassi del XVI secolo alla Sicilia del 1282, integrandosi al soggetto, divulgatissimo in quegli anni, della
Guerra del vespro siciliano: cosĂŹ suonava il titolo di un recente saggio storico del patriota Michele Amari (pubblicato per la prima volta nel 1842 a Palermo, con titolo differente), in cui si proponeva unâinterpretazione innovatrice dei moti che portarono allâinsurrezione, tradizionalmente giustificati come vendetta privata, mentre ora lâaccento era posto sulla ribellione di massa della popolazione vittima dellâ«insolenza dei dominatori». Alle radici del successo ottocentesco del mito dei vespri siciliani Ăš la
Storia delle repubbliche italiane del Medioevodi Jean-Charles-LĂ©onard Sismondi (per la versione italiana: Milano 1817-19), da cui Hayez trasse direttamente lo spunto per il dipinto esposto a Brera nel 1822 (
Un nobile palermitano), primo dei numerosissimi quadri sullo stesso argomento. Bianca di Messina, eroina della leggenda collegata alla storia dei vespri, era stata protagonista di un ballo di Salvatore Taglioni e di unâopera di Vaccaj (
Bianca di Messina, Torino 1826), che eludevano entrambi il pericoloso contesto dellâinsurrezione. Il leggendario cospiratore Giovanni da Procida, uno dei protagonisti dellâopera verdiana, nella quale assume connotati vagamente mazziniani, compariva in una tragedia di Casimir Delavigne (
Les vĂȘpres siciliennes, 1819) e in una tragedia di Giambattista Niccolini (1830), da cui il principe Giuseppe Poniatowski trasse il soggetto per un melodramma (
Giovanni da Procida, 1840), che Verdi conosceva almeno indirettamente.
Lâouverture segue lo schema tradizionale, con introduzione e una sorta di svolgimento in forma-sonata, ma i temi sono tratti dal corpo dellâopera. Nel tempo lento lâidea iniziale, una semplice formula ritmica iterata, costituita da due note di durata brevissime e da una piĂč lunga, che si alterna agli interventi degli archi e alle percussioni, rappresenta una figura che nel melodramma ottocentesco ha un significato preciso: lâidea della morte. La figura ricomparirĂ , in varie forme e combinazioni, quasi in ogni pagina dellâopera, con una dichiarata intenzione unificante da parte del compositore, che nellâouverture la associa anche ad altri temi, come un contrappunto minaccioso.
Atto primo. Sulla piazza di Palermo. I soldati francesi invasori cantano e bevono osservati dai siciliani: due cori si contrappongono, uno maschile, per i soldati, uno misto per la popolazione siciliana; ogni gruppo Ăš caratterizzato con tratti melodici, ritmici e tonali contrastanti. Si avanza la duchessa HĂ©lĂšne, sorella di Federigo dâAustria, ucciso dai francesi: ella fa voto di vendicare il fratello. I soldati ordinano alla donna di intonare una canzone: HĂ©lĂšne canta unâaria articolata in quattro sezioni, costruite molto liberamente, nella quale essa esorta i siciliani, prima indirettamente e poi in modo sempre piĂč scoperto e concitato, a ribellarsi agli invasori. In corrispondenza al culmine espressivo del brano, i siciliani sembrano avviare una sommossa, ma lâapparizione del governatore Montfort raggela gli animi e la folla si disperde. Arriva anche Henri, che non riconosce Montfort e spiega a HĂ©lĂšne di essere stato imprigionato e poi per oscuri motivi liberato dal governatore, contro il quale inveisce. Montfort si rivela: lâatto si conclude con il suo duetto con il giovane ribelle fedele a Federigo dâAustria, al quale offre di diventare ufficiale dellâesercito francese. Henri, inorridito, respinge con veemenza e sprezza il consiglio di Montfort di tenersi lontano da HĂ©lĂšne.
Atto secondo. In una «ridente valle presso Palermo». Unâintroduzione orchestrale suggerisce il moto di una barca; il patriota Jean Procida Ăš infatti appena sbarcato, saluta la sua patria in un elaborato Andante in tre parti (âEt toi, Palermeâ, âO tu, Palermoâ), e quando arrivano i suoi seguaci li guida in una cabaletta con coro (âDans lâombre et le silenceâ, âNellâombra e nel silenzioâ), nella quale lâepisodio centrale, melodicamente spiegato, Ăš preceduto da brevi frasi sussurrate. Procida incontra HĂ©lĂšne e Henri, con i quali discute sul modo per indurre i siciliani alla rivolta. Il successivo duetto fra Henri e la duchessa Ăš in soli due movimenti, un sintetico Allegro che porta alla controllata dichiarazione del giovane, che confessa il proprio amore alla donna. Ella gli rivela di ricambiarlo, esortandolo perĂČ a vendicare suo fratello, prima di pensare allâamore. I soldati di Montfort trascinano Henri al palazzo del governatore. Inizia un vasto quadro finale: al suono di una tarantella la popolazione palermitana si accinge a celebrare il matrimonio di dodici coppie di fidanzati, ma intervengono i soldati francesi che, istigati da Procida, rapiscono le spose. I siciliani rimangono avviliti, in un silenzio rotto da brevi frasi spezzate, sul âritmo di morteâ apparso allâinizio dellâouverture. La loro rabbia, fomentata dallo scherno di HĂ©lĂšne e Procida, culmina in un martellante Presto, bruscamente interrotto quando da lontano si ascolta una gentile barcarola intonata dagli ufficiali e dalle dame francesi e siciliane che si recano, su una nave, al palazzo di Montfort per il ballo previsto. Lâeffetto, teatralissimo, Ăš quello di una pugnalata nellâanimo dei siciliani presenti, che giurano vendetta sulla ripresa del concertato, in cui il ritmo iniziale si fonde con la melodia che giunge dalla nave.
Atto terzo. Nel palazzo del governatore. Montfort rilegge la lettera nella quale una donna siciliana, da lui un tempo costretta a diventare sua amante, lo informa di essere padre di Henri. Il senso di vuoto che attanaglia lâesistenza di Montfort viene illuminato dal pensiero del figlio ritrovato, nellâaria âAu sein de la puissanceâ (âIn braccio alle dovizieâ), di forma molto libera e flessibile, sia nel disegno melodico sia nella struttura armonica. Ă poi il momento del grande duetto fra Henri e il governatore, in cui il giovane apprende di essere figlio di colui al quale ha giurato eterno odio (âQuand la bontĂ© toujours nouvelleâ, âQuando al mio seno per te parlavaâ). Anche il duetto non segue la forma tradizionale italiana, ma Ăš costituito da una rapida alternanza di brani di tempo e metro differente, che seguono lo sviluppo psicologico dei rapporti fra i due personaggi. Alla fine manca una cabaletta, sostituita dalla ripresa del motivo nobile e travolgente, che nellâouverture era affidato ai violoncelli, come secondo soggetto del brano. Nel duetto viene impiegato una prima volta da Montfort mentre Henri legge la lettera della madre, e ripreso poco piĂč avanti, prima di essere affidato a Henri, alla fine, orchestrato in un modo diverso. Nella scena della festa Ăš inserito il ballettoLes quatre saisons(Le quattro stagioni), scritto con cura eccezionale. Henri si imbatte in HĂ©lĂšne e Procida, che si aggirano mascherati, e gli confidano che Montfort sarĂ ucciso in un attentato imminente. Henri cerca di avvertire il padre del pericolo, e lo salva facendogli scudo quando HĂ©lĂšne si avventa sul tiranno, armata di pugnale. I cospiratori rimangono attoniti per il tradimento di Henri: nel concertato finale, spicca la melodia accorata del cantabile allâunisono iniziato da HĂ©lĂšne, Danieli e Procida (âO noble patrieâ, âO patria adorataâ).
Atto quarto. Henri medita in disparte, nei pressi della prigione in cui sono rinchiusi i cospiratori. Seguendo la struttura canonica delgrand-opĂ©ra, dopo il quadro imponente in cui pubblico e privato, politica e sentimenti personali vengono messi a confronto, lâinteresse verte ora sui singoli protagonisti e sul loro mondo affettivo: Henri attende HĂ©lĂšne, con la quale ha ottenuto un colloquio, e compiange la propria condizione (romanza strofica âO jour de peineâ, âGiorno di piantoâ). HĂ©lĂšne Ăš furente e sprezzante nei confronti del traditore, ma nel corso del duetto (âDe courroux et dâeffroiâ, âO sdegni miei, taceteâ) Henri le rivela le ragioni del suo gesto e la sua condizione imbarazzante. Lâatteggiamento della donna cambia improvvisamente, ed essa risponde a Henri perdonandolo: la sua breve romanza (âAmi... le coeur dâHĂ©lĂšneâ, âArrigo, ah, parli a un coreâ), nella quale conferma il suo amore per il giovane, costituisce la seconda parte del duetto, concluso da una cabaletta in cui gli amanti esprimono lâimpossibilitĂ del loro amore. Montfort ordina lâesecuzione immediata dei prigionieri. Anche Procida rimane costernato quando capisce che Henri Ăš figlio del tiranno, e affronta la morte cantando compostamente il suo addio alla patria (quartetto finale âAdieu, mon pays, je succombeâ, âAddio, mia patria, invendicatoâ). La tristezza dellâaddio di HĂ©lĂšne (âO mon doux paysâ, âAddio, mia patria amataâ) ha la forma di un tema giĂ ascoltato nellâouverture. Un coro di monaci intona il De profundis, Henri implora a Montfort la grazia ai prigionieri, ma egli dichiara che saranno liberi solamente se Henri lo riconoscerĂ , chiamandolo padre di fronte a tutti. Il crescendo di tensione Ăš alimentato dalla comparsa del boia, ma allâultimo momento Henri non resiste e si inginocchia davanti al governatore esclamando «Mon pĂšre». Montfort grazia tutti e ordina il matrimonio fra HĂ©lĂšne e il figlio, che sarĂ celebrato ai vespri dello stesso giorno.
Atto quinto. Nei ricchi giardini del palazzo di Montfort. A un coro festoso e brillante, accompagnato da arpe e nacchere, segue un virtuosistico bolero in due strofe, cantato da HĂ©lĂšne in abito da sposa (âMerci, jeunes amiesâ, âMercĂ©, dilette amicheâ). Dopo un incontro con Henri, HĂ©lĂšne Ăš raggiunta da Procida: egli le svela il piano della sommossa, che avrĂ inizio al suono delle campane del vespro. HĂ©lĂšne cerca di ribellarsi, Procida la accusa di difendere il suo sposo e di tradire gli antichi amici. HĂ©lĂšne rimane interdetta, non osa rivelare il complotto al sopraggiunto Henri (terzetto âSort fatalâ, âSorte fataleâ), ma cerca di mandare a monte le nozze dichiarando che lo spettro del fratello ucciso sorge a impedire il matrimonio. Giunge anche Montfort, che non crede al voltrafaccia di HĂ©lĂšne e unisce le mani dei promessi sposi, quando Procida dĂ il segnale per le campane e i siciliani irrompono in scena scagliandosi su Montfort e i francesi. Alcuni versi del libretto originale, che indicavano la sorte dei protagonisti, benchĂ© musicati nellâautografo furono poi tagliati dal compositore. Nel libretto di regĂŹa relativo alla prima rappresentazione del 1855 si legge che, nel fulmineo finale, Henri «si schiera a fianco del padre e sguaina il suo pugnale». I siciliani indietreggiano colpiti da Montfort, Henri e dai francesi. «HĂ©lĂšne cade alle ginocchia del suo amante, e crede di proteggerlo con il suo corpo. Esasperato dalla vista delle prime vittime, il popolo si precipita a vendicarle. Montfort, Henri, i Cavalieri ed i Signori, dietro i quali si sono rifugiate le Dame che cadono in ginocchio, li attendono a piĂš fermo. Procida eccita la furia dei rivoltosi. Il sipario cala rapidamente su questo quadro...».
Lâimpegno strutturale dellâopera costrinse Verdi a un lavoro fondamentale per le successive esperienze: uno studio profondo della teatralitĂ , dellâeffetto drammatico attuato per mezzo del contrasto musicale, nella direzione giĂ sperimentata inJĂ©rusalem. Le melodie della maggior parte dei brani non hanno lâevidenza di quelle delle tre opere immediatamante precedenti (Rigoletto,Trovatore,Traviata): la cifra singolare di questâopera Ăš la loro dimensione quasi racchiusa, accorata, a volte tortuosa ed elaborata, a volte ripiegata su se stessa. Sono molte le melodie che dipingono una nobile melanconia, un sentimento di rinuncia, senza un profilo marcato ma con tratti di pudore anche nel gioco delle pause e dei respiri che le compongono. A HĂ©lĂšne, il personaggio piĂč scolpito insieme a quello di Montfort (un Filippo II non ancora anziano), sono concessi due momenti di questa tristezza intima, quasi schubertiana. Il primo Ăš âPrĂšs du tombeau peut-ĂȘtreâ (âPresso alla tomba châappresiâ), la risposta ad Arrigo nel loro primo duetto nel secondo atto, in cui la sua frase, allâinizio fissa su unâunica nota, Ăš preceduta da due spettrali semifrasi cromatiche affidate a flauti e oboi su armonie di clarinetti, fagotti, corni e celli, interrotte da pause importanti come le note stesse. Il secondo Ăš lâattacco della romanza che costituisce il cantabile del duetto del quarto atto, cesellato dalla frase di oboi, fagotti, clarinetti, che avviano lâaccompagnamento staccato e ondeggiante di flauti e clarinetti con il pizzicato dei contrabbassi e dei violoncelli sul battere: la voce entra dimessa, sulla parola «ami», separata da una pausa di stanchezza dal seguito della frase (scritta per Sofia Cruvelli, la parte di HĂ©lĂšne Ăš stata interpretata in epoca moderna da Maria Callas, Anita Cerquetti, Leyla Gencer, Renata Scotto, Raina Kabaivanska, Montserrat CaballĂ©, Martina Arroyo, Olivia Stapp). Alla dimensione âintimistaâ dellâopera, in cui i protagonisti si trovano inchiodati al ruolo âpoliticoâ che sono costretti a recitare nella loro vita, accettandolo quasi sempre con rassegnata consapevolezza (HĂ©lĂšne Ăš la cospiratrice che non puĂČ concedersi allâamore, Henri il patriota che non puĂČ amare il proprio nemico, anche se ne Ăš figlio, Montfort il tiranno che ama il figlio ribelle), si affianca la dimensione corale, pubblica, spettacolare. Questa ha un poâ ostacolato il cammino deiVespri sicilianinel repertorio, a causa dellâimpegno teatrale e musicale richiesto, che ne fa una tipica opera âda inaugurazioneâ: dopo la ripresa moderna al Maggio musicale fiorentino (1951), lâopera ha aperto la prima stagione del ricostruito Teatro Regio di Torino (1973), con lâinsolita regia di Maria Callas e Giuseppe Di Stefano. Ricordiamo anche due recenti produzioni: quella del Teatro Comunale di Bologna (1986, con la direzione di Riccardo Chailly e la regia di Luca Ronconi) e quella del Teatro alla Scala di Milano (1989, direzione di Riccardo Muti, regia, scene e costumi di Pier Luigi Pizzi).
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi