Si ha notizia di unâunica rappresentazione di
Dido and Aeneasvivente Purcell, nel 1689, presso il collegio femminile di Chelsea, un sobborgo di Londra, diretto da Josias Priest. A eccezione del ruolo di Enea, la parti solistiche furono quindi presumibilmente scritte per soprano, e interpretate dalle ragazze del collegio. Nel 1704 lâopera fu rappresentata a conclusione di serata al Little Lincolnâs Inn Fields Theatre e, sempre nel Settecento, fu allestito come
masquenellâambito di un adattamento di
Measure for Measuredi Shakespeare. Della prima rappresentazione ci Ăš rimasto solo il libretto, con un prologo che manca, invece, nel cosiddetto manoscritto Tenbury, il piĂč antico che ci sia giunto, che risale a un periodo successivo al 1748 ma fu probabilmente copiato da una fonte precedente al 1720. Questo manoscritto Ăš inoltre privo del coro e della danza che chiudono il secondo atto, presenti nel testo di Tate e con i quali, peraltro, si concludono tutte le altre scene dellâopera. Nella prassi esecutiva spesso si introducono, secondo le abitudini dellâepoca, brani sostitutivi, sulle parole di Tate. Nellâedizione curata da Benjamin Britten e Imogen Holst, la maga e le due streghe intessono un trio di giubilo (da
The Indian Queen,1690), poi affidato al coro (da
Welcome Song, del 1687), che sfocia in una danza strumentale tratta dallâouverture del
Sir Anthony Love, 1690. Altre diversitĂ del manoscritto rispetto alle indicazioni del libretto, lasciano supporre che fosse prevista una danza anche nella prima scena del secondo atto, poi omessa dallo stesso Purcell, e che fosse stato improvvisato un brano con accompagnamento di chitarra. In un altro manoscritto della fine del Settecento, si trovano alcune differenze nei ruoli vocali. La maga, ad esempio, Ăš scritta in chiave di basso, forse in relazione allâallestimento come
masquein
Measure for Measure, dove la parte venne interpretata da un basso-baritono, Wilshire. In effetti, i recitativi accompagnati sono generalmente affidati, nelle opere di Purcell, ai ruoli maschili. Inoltre, la parte del primo marinaio era scritta in chiave di violino, e quindi eseguita da una voce femminile o bianca ma, nel caso di
Measure for Measure, era stata eseguita dallo stesso Wiltshire, che interpretava anche il ruolo della maga. Pubblicata poi tra il 1887 e lâ89 da William H. Cummings, venne ristampata in edizione moderna, nel 1960, dalla Purcell Society Edition.
Dido and Aeneasmantiene evidenti legami con il genere delmasquee risente dellâinfluenza delletragĂ©dies en musiquedi Lully, sia per la massiccia presenza di danze e lâimportanza delle situazioni scenografiche, sia per lâimpianto drammaturgico essenziale, nel quale si inseriscono personaggi umani e allegorici. Non bisogna dimenticare che Priest, il direttore del collegio femminile, era maestro di danza e coreografo. Nel prologo, del quale non ci Ăš rimasta la musica, si narra dellâarrivo dal mare di Febo Apollo, raggiunto poi da Venere: si Ăš avanzata lâipotesi che possa trattarsi di unâallusione alla rivoluzione di Guglielmo dâOrange (1688); in tal caso,Dido and Aeneaspotrebbe essere stata scritta per lâincoronazione di Guglielmo e Maria, avvenuta lâanno successivo. Unâulteriore conferma potrebbe derivare dalle indiscutibili affinitĂ con ?Venus and Adonis(1680) di John Blow, il maestro di Purcell. Oltre al carattere generale, nellaDidosi possono riconoscere vere e proprie citazioni tematiche tratte da Blow, nonchĂ© la costante presenza di danze e cori. Inoltre ancheVenus and Adonisera stata rappresentata nel 1684 al collegio femminile di Josias Preist a Chelsea. Le due opere furono probabilmente concepite come intrattenimenti di corte (Venus and Adonisfu originariamente scritta per Carlo II, la sua amante Mary Davis e la figlia illegittima Lady Mary Tudor) e poi adattate alle esigenze dellâaristocratico collegio femminile. I riferimenti alla situazione politica inglese, piĂč espliciti nel prologo, si intrecciano alla ricca e sfaccettata simbologia stregonesca che in Tate, a differenza del libro IV di Virgilio, attribuisce lâabbandono di Didone da parte di Enea non al diretto volere degli dĂši, ma a un capriccio delle forze maligne. Didone ne esce quindi come personaggio musicalmente e narrativamente ancora piĂč nobile e fiero, al confronto del quale Enea risulta invece vile e insicuro.
Atto primo. Lâouverture, nella forma francese di un solenne Adagio cui segue uno spumeggiante tempo veloce, ci introduce nel palazzo reale di Cartagine. Belinda, confidente di Didone, intuisce il suo tormento, e cerca di distoglierla dai funesti presagi che la opprimono prospettandole un futuro raggiante (âShake the cloud from off your browâ); il coro dilata e sostiene il suo stato dâanimo (âBanish sorrow, banish careâ). Ma Didone, nella bellissima aria in forma di ciaccona che chiude lâepisodio, si tormenta e afferma di considerare la pace ormai estranea alla sua anima (âAh Belinda, I am pressâd with tormentâ). Nel recitativo seguente, Belinda la spinge a confidarsi, intuendo che lâospite troiano Ăš la causa della sua inquietudine. Confidando che lâalleanza permetterĂ a Troia di rinascere e porterĂ maggiore sicurezza a Cartagine, la sua voce si espande melodicamente fino a introdurre lâ augurio del coro per un accresciuto benessere dei due popoli (âWhen monarchs unite, how happy their statesâ). Il successivo recitativo (âWhence could so much virtue springâ), nel quale Didone esprime tutta la sua ammirazione per Enea, riconoscendo in lui il valore di Anchise e il potere di seduzione di Venere, gradualmente si espande, coinvolgendo Belinda in un appassionato e lirico duetto. Belinda ammette che il racconto di Enea, cosĂŹ carico di sventure, avrebbe impietosito una pietra. Didone, anchâella provata dallâesistenza, nutre compassione e simpatia per il dolore altrui. Il duetto culmina nel ritmo ternario e sincopato di danza âveloce e leggeraâ affidata a Belinda, a una seconda donna e al coro, che incitano la regina ad abbandonarsi allâamore e a goderne tutta la dolcezza (âFear no danger to ensueâ ). Nel successivo recitativo, sempre molto espressivo, Belinda, vedendo arrivare Enea (âSee, your royal guest appearsâ), spinge Didone a manifestare il suo sentimento; ma ella teme il destino avverso. Il coro intreccia un fitto contrappunto polifonico sul tema del dolore amoroso, che puĂČ essere lenito solo da chi lâha provocato (âCupid only throws the dartâ). Enea, nel recitativo seguente, implora lâamore di Didone, se non per la sua salvezza, almeno per quella delâimpero (âIf not for mine, for empireâs sakeâ). La linea vocale di Belinda sulle parole âPursue thy conquest, Love, her eyes Confess the flame her tongue deniesâ) Ăš seguita da un inno allâAmore intonato dal coro, che coinvolge la natura circostante e sfocia in un danza trionfale (âTo the Hills and the vales, to the rocks and the mountainsâ), su ritmi puntati alla francese, alla fine della quale le indicazioni di scena prescrivono tuoni e lampi.
Atto secondo. In una caverna. Su un funereo e inquietante ritmo di marcia, si ode il preludio delle streghe; quindi la maga invoca le «malefiche sorelle» perchĂ© compiano il misfatto che «brucierĂ tutta Cartagine»: la regina, prima del tramonto, dovrĂ perdere gloria, vita e amore. Un elfo apparirĂ a Enea con le sembianze di Mercurio, messaggero di Giove e gli ordinerĂ di ripartire nella notte,con la flotta, alla ricerca degli italici lidi. Il coro intercala gli ordini della maga dando voce alle streghe, che prima si compiacciono del loro potere distruttivo e quindi si scatenano in due episodi in parossistico stile fugato, intessuto su grida evocatrici di pratiche di possessione diabolica; una strumentale danza delle Furie chiude la scena. In un boschetto. Un sereno e idilliaco ritornello strumentale introduce il canto di ammirazione di Belinda (âThanks to these lonesome valesâ), ripreso poi dal coro, rivolto al paesaggio nel quale si sta svolgendo la caccia, un luogo caro alla stessa Diana. Ma la voce della seconda donna (âOft she visits this lone mountainâ), evocando il drammatico episodio della morte di Atteone su un inquietante basso ostinato, introduce una nota di doloroso presagio, che si chiude su un altro ritornello strumentale. In un recitativo sempre piĂč concitato, Enea e Didone avvertono segnali oscuri nellâaria, finchĂ© Belinda, sostenuta dal coro, incita tutti ad abbandonare la campagna (âHaste, haste, to Townâ), avviando un lungo e articolato episodio polifonico cui partecipa anche il coro in un crescendo di densitĂ contrappuntistica, che sottolinea lâinarrestabile incedere della furia degli eventi, naturali e sovrannaturali. Nel recitativo successivo, che gradualmente si anima, lo spirito mandato dalla maga appare a Enea, che si sottomette al suo volere pur lamentando la propria sorte (âBut ah, what language can I tryâ), poichĂ© «con piĂč gioia morirebbe» piuttosto che abbandonare Didone.
Atto terzo. Al preludio seguono un coro e una danza dei marinai, che esultano per lâimminente partenza (âCome away, fellow sailorsâ). La scena successiva ci mostra la gioia delle streghe e della maga, che si scatenano in unâorgia di soddisfazione per il dolore che hanno provocato e che continueranno ad alimentare perseguitando Enea con unâaltra tempesta quando si troverĂ in mare. Le due streghe cominciano con un veloce gioco polifonico (âOur plot has tookâ) che conduce a un momento di espansiva vocalitĂ riservato alla maga (âOur next motion must be to storm her lover on the oceanâ), per poi scatenarsi in una pagina corale (âDestructionâs our delightâ) che, a sua volta, culmina nella strumentale danza delle streghe. Dopo che Didone ha confessato a Belinda la sua disperazione e la sua certezza di perdere Enea, il drammatico incontro con lâamato dĂ vita a un duetto intenso e carico di affanno (âWhat shall lost Aeneas do?â). Enea cerca di giustificarsi incolpando il destino, ma la regina lo accusa di viltĂ e ipocrisia; Enea giura allora che resterĂ , ma Didone lo scaccia, perchĂ© ormai si Ăš dimostrato sleale. Il coro commenta la loro incapacitĂ di comprendersi (âGreat minds against themselves conspire, and shun the cure they most desireâ ). Didone, nonostante il suo sdegnoso rifiuto, non puĂČ piĂč vivere senza lâeroe troiano, e decide quindi di uccidersi. Chiede conforto tra le braccia di Belinda (âThy hand, Belinda, darkness shades meâ) ma, nel famoso lamento di addio (âWhen I am laid in earthâ), implora lâamica affinchĂ© non si lasci tormentare dal ricordo dei suoi errori quando sarĂ morta. Una commovente partecipazione accompagna, su un basso di ciaccona â la cui tensione Ăš accentuata da cromatismi e da unâasimmetrica configurazione in cinque misure â, lâinvocazione (âRemember myâ) di Didone. Nello struggente e insieme straniante coro conclusivo (âWith drooping wingsâ) i Cupidi, apparsi tra le nuvole sopra la sua tomba, sono pregati di vegliare su di lei per sempre.
La concisa vicenda disegna, in un percorso psicologico ricco di sfumature e di grande forza drammaturgica, le caratteristiche formali e la densitĂ narrativa di unâopera di grande coesione, attraversata da un unico, coerente gesto teatrale. Infatti, la personalitĂ di Didone, con la sua grandezza dâanimo, costituisce il fulcro espressivo di accadimenti che coinvolgono, in chiave simbolica, situazioni mitologiche e arcadiche. La profonditĂ del suo sentimento finisce per estendersi allâintero lavoro, anzichĂ© concentrarsi in alcuni punti focali; le situazioni-chiave, infatti, come lâammissione da parte di Didone del suo amore o il drammatico incontro con Enea prima del suicidio, sono risolti con asciuttezza, quasi con rapiditĂ . Lâinfluenza del mondo magico e fiabesco inglese stilizza in chiave scenografica e drammaturgica la tensione tra i grandi archetipi affettivi e narrativi: il destino e lâamore, il maschile e il femminile, la ragion di stato e le ragioni del sentimento. LâespressivitĂ lirica, che risente dellâinfluenza operistica italiana, in particolare di Cavalli, e di quella degli oratorĂź di Carissimi, si modella sulle esigenze drammaturgiche con estrema duttilitĂ : recitativi animati, che esaltano con ornamentazioni cariche di intenzioni armoniche il senso e il suono delle parole, confluiscono con naturalezza in arie concise, per poi sfociare in episodi corali e strumentali â le arie, in realtĂ , assomigliano piĂč spesso degli ariosi che si inseriscono nel duttile profilo discorsivo dellâopera. La grande flessibilitĂ melodica di Purcell, del resto, sfrutta appieno lâirregolaritĂ e la libertĂ dei versi di Tate. La bellezza delle linee vocali, la plasticitĂ fraseologica che piega la forma alle esigenze espressive, hanno reso questâopera di Purcell molto amata ed eseguita nel Novecento. Pur mancando qui quella ricchezza di episodi descrittivi e autonomi che caratterizzano altri lavori di Purcell (in particolare le musiche di scena perThe TempesteOedipus, e le âopere con dialogoâDioclesian,King Arthur,The Fairy Queen), lâintensitĂ dellâopera ne fa un capolavoro di assoluta statura. Spesso il divenire emotivo Ăš sottolineato da arditezze e preziositĂ armoniche comunque inserite in un piano tonale molto coerente, che investe lâintera opera e non manca di dar luogo ad allusioni emblematiche (ad esempio con lâimpiego della tonalitĂ -base sol minore, considerata da Purcell la âtonalitĂ della morteâ, oppure quella di fa minore, connessa allo spirito magico). Lâorganico, costituito dai soli archi (oltre al basso continuo) e da un numero relativamente limitato di voci, non impedisce a Purcell di sfruttare al massimo le potenzialitĂ strumentali e vocali, con grande sapienza di orchestratore ed estrema raffinatezza timbrica.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi