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Farnace, Il
Dramma per musica in tre atti di Domenico Lalli
Musica di Leonardo Leo 1694-1744
Prima rappresentazione: Napoli, Teatro San Bartolomeo, 19 dicembre 1736

Personaggi
Vocalità
Arbace
Soprano
Aspasia
Soprano
Berenice
Contralto
Farnace
Soprano
Isacide
Soprano
Mitridate
Tenore
Note
L’opera, scritta per il compleanno del re di Spagna Filippo V, padre del re di Napoli Carlo VII, costituisce uno dei titoli più stilisticamente aggiornati del compositore, di impianto decisamente metastasiano. Leo risponde alle sollecitazioni del testo con quelle doti che caratterizzano il suo stile: bellezza melodica, pregnanza nella caratterizzazione psicologica dei personaggi e complessità formale nei punti chiave del dramma.

Mitridate desidera che il figlio Farnace sposi Aspasia. Questi è però innamorato corrisposto di Berenice, da lui condotta in patria da Roma. Il padre avversa questo suo amore, da fiero nemico di Roma qual’è. La vicenda degenera al punto che Farnace viene incarcerato, finché in Berenice non verrà riconosciuta la principessa armena Laodice, rapita dai Romani, e Farnace sarà proclamato re, permettendo all’opera di concludersi felicemente.

Della musica di Leo si segnala anzitutto la splendida cavatina del carcere “Fra quest’ombre io vivo in pene”, in cui Farnace, che ormai dispera della propria salvezza, esprime con un Largo in mi minore l’angoscia in cui si consuma il suo destino. La scena è collocata alla vigilia dello scioglimento del dramma, quando l’approssimarsi di una marcia interromperà un intenso recitativo accompagnato e un ambasciatore recherà la notizia dell’agnizione di Berenice. In apertura dell’opera sono notevoli la marcia bipartita, a orchestra piena, che accompagna l’arrivo di Farnace «al suono di vari istrumenti militari», e la successiva aria di Mitridate “Quando sciogli il vago riso”, di raffinato, affascinante splendore melodico. Si apprezzino anche l’aria di Farnace “Tu mi vuoi sposo”, che segnala con ingegnosa complessità l’alternarsi di intenzioni reali e di finzione nelle parole dell’eroe, oppure alcune arie del secondo atto, come quella di Arbace “Tacerò, ma mi difendi” e quella di Mitridate “Pensi l’iniquo figlio”, dall’impegnativa parte violinistica.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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