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Iphigénie en Tauride
Tragédie lyrique in quattro atti di Alphonse du Congé Dubreuil, dalla tragedia omonima di Claude Guimond de la Touche
Musica di Niccolò Piccinni 1728-1800
Prima rappresentazione: Parigi, Opéra, 23 gennaio 1781

Personaggi
Vocalità
Diana
Soprano
Elise
Soprano
Iphigénie
Soprano
Oreste
Basso
Pylade
Tenore
Thoas
Basso
una sacerdotessa
Soprano
uno scita
Basso
Note
Nell’ambito dellaquerelleche oppose a Parigi i sostenitori di Gluck e quelli di Piccinni, l’unico confronto diretto tra i due compositori avvenne conIphigénie en Tauride. Già nel 1776-77 la direzione dell’Opéra aveva cercato di organizzare tra Gluck e Piccinni una sfida sul libretto diRoland, poi impedita dal rifiuto di Gluck. Nel 1778 il sovrintendente del teatro, De Vismes du Valgay, ritentò il colpo e propose a entrambi i maestri di musicare le vicende di Ifigenia in Tauride, sia pure su due libretti diversi. Questa volta la manovra andò in porto, anche se non nel modo previsto, poiché la sfida fu diluita nel tempo. Più di un anno e mezzo separa infatti le date delle due ‘prime’: maggio 1779 per Gluck, gennaio 1781 per Piccinni. In realtà l’Iphigéniedell’italiano avrebbe dovuto avere la precedenza: dalle testimonianze del librettista Dubreuil e del Ginguené, amico e primo biografo di Piccinni, apprendiamo che il musicista aveva accettato l’incarico solo a patto che il proprio lavoro fosse rappresentato prima di quello di Gluck. Nella prefazione al libretto, Dubreuil indica persino una data precisa per la sua ‘prima’ mancata: 15 gennaio 1779. Non è chiaro se Gluck si sia servito dell’appoggio della regina per scavalcare il rivale (come lascia intendere Ginguené) e se il sovrintendente De Vismes fosse d’accordo con lui ai danni di Piccinni. Comunque sia, un’altra ragione, forse decisiva, concorse a posporre l’allestimento dell’opera piccinniana: la debolezza del libretto rese necessari ampi rifacimenti poetici (realizzati da Ginguené) quando ormai la composizione era in stato avanzato. Il trionfo dell’Iphigéniegluckiana in maggio dovette costituire un ulteriore motivo di dilazione, poiché il mite Piccinni voleva a tutti i costi evitare il confronto ravvicinato. Quando finalmente la suaIphigénieandò in scena, non ebbe un’accoglienza particolarmente favorevole, anche se la critica riconobbe la bontà della musica. Solo la definitiva affermazione francese di Piccinni conDidonrese possibile una rivalutazione dell’Iphigénie, che venne riproposta all’Opéra nel 1785, con un buon successo.

La vicenda dell’opera corrisponde nelle linee generali a quella dell’Iphigénie en Tauridedi Gluck (entrambi i libretti si basano del resto sulla stessa fonte, la tragedia di Guimond de la Touche, 1757). Vanno tuttavia segnalate alcune evidenti discrepanze. La più importante riguarda il personaggio del re Toante, che nel libretto musicato da Piccinni agisce come pretendente di Ifigenia. La circostanza determina un duplice effetto: da un lato l’assenza dei tratti barbarici che contraddistinguono l’omologo personaggio gluckiano, dall’altro il rallentamento dell’azione, essendo quasi tutto il primo atto occupato dai tentativi di Ifigenia per rimandare le nozze aborrite. Altre differenze significative riguardano la scena del delirio di Oreste (non vi è in Piccinni la comparsa delle Furie) e quella del riconoscimento tra lo stesso Oreste e Ifigenia (dilatata in un ampio recitativo, mentre in Gluck aveva un carattere fulmineo).

Contrariamente agli auspici del partito filoitaliano animatore dellaquerelle, l’Iphigénie en Tauridedi Piccinni non è un’opera apertamente anti-gluckiana e rappresenta anzi nella produzione del suo autore un passo decisivo verso l’integrazione del lirismo di matrice italiana con la coerenza drammatica di Gluck. Il mescolamento degli stili produce una partitura sfaccettata. L’attenzione ai grandi modelli gluckiani è evidente, ad esempio nella vasta scena della tempesta che fa da ponte tra primo e secondo atto (uniti fra loro senza soluzione di continuità), con il suo impeto tragico e l’abilissimo trattamento delle masse corali e orchestrali. L’elemento italiano – pur trapiantato su un terreno diverso da quello originario, e depurato di ogni residuo virtuosismo belcantistico – consiste invece nell’abbondante vena melodica che circola in buona parte delle arie, così come in molti cori e pezzi concertati, e persino nei frequenti squarci strumentali posti a cerniera tra una scena e l’altra. Nonostante l’adeguamento alla struttura ‘aperta’ dellatragédie lyrique, l’unità di misura dell’opera rimane la sequenza, tutta italiana, di recitativo accompagnato e aria, dove il primo elemento serve a tradurre in musica il flusso mutevole dei sentimenti, il secondo a sfogare nell’espansione cantabile la tensione precedentemente accumulata; memorabili in tal senso gli assoli di Ifigenia nel terzo atto (“Quel tourment! quel triste destin”, “Oreste est mort! malheureux frère”) e il terzetto finale nello stesso atto. L’indugio melodico contribuisce a spostare il baricentro della partitura dal terrore fatalistico dell’Iphigéniegluckiana ai toni dell’elegia e del compianto, che danno alla partitura il suo colore dominante. Nell’opera non mancano peraltro momenti di alta temperatura emotiva, alla quale contribuisce fra l’altro una condotta armonica assai mobile e ricca di tensioni dissonanti (pregio, questo, spesso dimenticato da una tradizione critica ancorata al luogo comune di un Piccinni melodista ispirato, ma armonista banale). Dai concertati dell’opera buffa italiana deriva l’efficacia nel coniugare musica e azione, messa a frutto nel finale, quando l’intervento armato di Pilade giunge a scongiurare il sacrificio di Oreste. Anche nei brani d’insieme, tuttavia, l’effusione lirica prevale sul pathos e si traduce in brani di incantata cantabilità – i cori delle sacerdotesse compagne di Ifigenia – o di sacrale grandiosità, come si vede nell’invocazione di Toante e degli sciti alle divinità (finale del secondo atto) e nell’apparizione di Diana, che pone fine alla vicenda. La prima esecuzione dell’opera in tempi moderni ha avuto luogo a Bari (Teatro Petruzzelli, 6 dicembre 1986), sotto la direzione di Donato Renzetti.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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