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Morte d’Orfeo, La
Tragicommedia pastorale in cinque atti proprio, da La favola d’Orfeo di Angelo Poliziano e da Ovidio
Musica di Stefano Landi 1587-1639
Prima rappresentazione: Roma, 1619

Personaggi
Vocalità
Apolline
Tenore
Bacco
Contralto
Calliope
Contralto
Caronte
Basso
Euretto (2)
Contralto
Euridice
Soprano
Fileno
Tenore
Fosforo
Contralto
Giove
Basso
il Fato
Basso
il Furore
Basso
Ireno
Tenore
Lincastro
Contralto
l’Aurora
Contralto
l’Ebro
Basso
Mercurio
Tenore
Nisa
Soprano
Orfeo
Tenore
Teti
Contralto
un Euretto
Soprano
Note
Gli esordi dell’opera in musica a Roma, diretta conseguenza delle teorie fiorentine sul ‘recitar cantando’, ebbero subito una destinazione sacra (quasi certamente alibi necessario, in coppia con finalità propagandistiche, al diletto della porpora vaticana). Prima significativa deviazione profana èLa morte d’Orfeodi Stefano Landi del 1619. Nato a Roma dove operò per quasi tutta la vita quale Maestro di cappella, fu per un paio d’anni al servizio del vescovo di Padova, città in cui probabilmente scrisse, ma certamente firmò la dedica di questo suo primo lavoro teatrale. Forse rappresentato a Roma per le nozze solenni di Marcantonio Borghese e Camilla Orsini (ma poco sembra adattarsi il soggetto a celebrare un matrimonio), attinge ancora una volta al mito di Orfeo (dopo dueEuridice, laFavolamonteverdiana e l’Orfeo dolentedi Belli-Chiabrera) quasi a voler abilmente stornare le critiche a quello che pare un esperimento. In realtà per il taglio della storia e la qualità musicale ci troviamo di fronte a qualcosa che poco ha a che vedere con l’emulazione.

Di Orfeo qui si racconta l’ultimo episodio del racconto di Poliziano, quello più imbarazzante, sempre soppresso o almeno trasformato, in cui il gentile citaredo è fatto a brani dalle menadi infuriate. Orfeo, secondo il mito, deluso dal fallimentare tentativo di riportare Euridice in vita, ha deciso di dimenticarsi di tutto il genere femminile e di dilettarsi con i giovani pastorelli traci, che sembrano gradire i suoi amorevoli insegnamenti. Il giorno del suo compleanno però le infervorate seguaci di Diana, sobillate da Bacco, decidono di vendicarsi: lo aggrediscono, lo fanno a brani, ne inchiodano la testa sulla lira e la gettano in mare. Orfeo, morto, spera a questo punto di riabbracciare la sua Euridice, ma scopre che lei lo ha dimenticato e che per lui sarà impossibile scendere nell’Ade poiché nessuno ha seppelito il suo corpo. Si consolerà con la compagnia di Mercurio, che lo porta trionfalmente in cielo al cospetto di Giove.

Il libretto, a quanto pare dello stesso Landi, presenta più di un motivo d’interesse. La versificazione scorrevole e al tempo stesso ricercata sembra quella di un letterato d’esperienza, e pure certe soluzioni drammaturgiche non paiono improvvisate: l’ingresso calibrato dei vari personaggi, le scene di puro tono allegorico (come il dialogo apparentemente pastorale fra Ireno e Lincastro), l’impiego frequente del coro con significato sempre diverso (trionfale per il fine atto, ma di volta in volta giocoso, terrifico, pastorale, ascetico) e risolto musicalmente con grande maestria (una scrittura madrigalistica che alterna assoli, duetti e terzetti al tutti). In particolare spicca, per qualità letteraria e musicale, l’aria straordinaria di Nisa, una sorta di metamorfosi in cui dal pianto si passa al furore. La musica segue sapientemente col suo declamato la graduale trasformazione d’umore intersecata a una doppia eco che muta il senso dell’ultima parola di ogni strofa e offre lo spunto al verso successivo («...disperiamo», ed Eco: «speriamo – amo...» e il verso prosegue con «Speriamo se pur amo»; oppure «...sospire», ed Eco: «spire – ire...» e di seguito: «Ire spiri ciascun...», e così via). Non mancano ovviamente intermezzi strumentali e ariette che, aggiunti ai continui cambiamenti degliensemblevocali, a improvvise mutazioni di scena degni della migliore tradizione del tardo Cinquecento e a una costante attenzione alla varietà del carattere, rendono l’operina godibilissima.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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