Molinara, La
(L’amor contrastato) Commedia per musica in tre atti di Giuseppe Palomba
Musica di Giovanni Paisiello 1740-1816
Prima rappresentazione: Napoli, Teatro dei Fiorentini, autunno 1788

Personaggi
Vocalità
Amaranta
Soprano
Don Calloandro
Tenore
Don Luigino
Tenore
Don Rospolone
Basso
Eugenia
Soprano
il notaro Pistofolo
Basso
Rachelina
Soprano
Note
Nel 1785, poco dopo il suo ritorno dalla Russia, Paisiello fu nominato dal re di Napoli musicista di corte e «compositore della musica de’ drammi». Sebbene l’incarico comportasse l’obbligo di scrivere un’opera seria all’anno per il San Carlo, il musicista non rinunciò a frequentare il genere buffo, sia pure con frequenza ridotta rispetto ai primi anni di carriera. Nel 1788 colse anzi uno dei più grandi successi in campo comico con l’Amor contrastato, lavoro destinato a girare per molti anni sulle scene italiane e straniere con un titolo alternativo:La molinara. Nella sua circolazione subì spesso una riduzione a due soli atti dai tre originali, mediante la fusione tra secondo e terzo.

La commedia ruota tutta intorno al personaggio della bella e maliziosa Rachelina, padrona di mulino, lusingata dalle attenzioni di due uomini (il nobile Calloandro e il notaio Pistofolo) e indecisa su quale dei due scegliere come corteggiatore. Il gioco è divertente ma pericoloso perché capace di risvegliare la gelosia della baronessa Eugenia, feudataria del luogo nonché promessa a Calloandro. C’è il rischio di essere bandita dal feudo e allora occorre uno stratagemma dietro l’altro per continuare a fingersi innocente, senza però rinunciare a ricevere di nascosto i due spasimanti. Per salvarsi una volta sorpresa, Rachelina accusa falsamente i due di essersi introdotti a forza nel mulino e scatena così una colossale baruffa (finale primo). In seguito li fa travestire da giardiniere e da mugnaio, per poi lanciarsi con loro in un ballo contadino sotto gli occhi della baronessa e del governatore Rospolone. A un certo punto la molinara decide di affrettare la scelta: sposerà colui che accetterà di diventare mugnaio. Si fa avanti il notaio, mentre Calloandro si mette a girare folle di rabbia per la foresta come un novello Orlando. Molinara, notaio e baronessa (con seguito di cameriera e cavalier servente) vanno alla sua ricerca nella generale confusione (finale secondo). Nel brevissimo terzo atto le cose si aggiustano: il rinsavito Calloandro si unisce alla baronessa e Rachelina sposa il notaio.

Rispetto ad altri libretti coevi di Palomba (ad esempio leGare generose, del 1786, sempre per Paisiello) questo dellaMolinararisulta assai più incoerente e raffazzonato, soprattutto a partire dalla metà del secondo atto. Ciò, tuttavia, non impedisce a Paisiello di dare corso a tutta la propria vena comica, fondata su una perfetta padronanza dello stile buffo. Il gioco degli ammiccamenti e delle seduzioni è reso con eleganza e sensualità, anche grazie alle puntuali sottolineature dell’orchestra, che spesso agisce come un vero e proprio personaggio aggiunto. Il favore del pubblico fece dellaMolinaral’opera buffa di Paisiello più rappresentata; in una capitale musicale come Vienna tenne banco per tutto l’ultimo decennio del Settecento e anche oltre. Beethoven la ascoltò proprio al viennese Burgtheater nel 1795 e vi si ispirò per due serie di variazioni pianistiche, l’una sul tema del doppio duetto “Nel cor più non mi sento” (cantato dalla molinara prima con Calloandro, poi col notaio, all’inizio del secondo atto), l’altra sul quintetto “Il villan che coltiva il giardino” (quello dei personaggi travestiti; il titolo dell’edizione beethoveniana suona “Quanto è bello l’amor contadino” e deriva da un verso successivo all’incipit). Sul tema “Nel cor più non mi sento” scrissero poi loro variazioni molti altri musicisti, compreso Niccolò Pagnini (in una serie di variazioni per violino del 1820-21). Non sono mancate riprese moderne, fra cui ricordiamo quella ‘storica’ al Teatro di corte del Palazzo Reale di Napoli (1959), con Graziella Sciutti e Sesto Bruscantini diretti da Franco Caracciolo, e quelle del Maggio musicale fiorentino (1962), di Palermo (1987) e Bologna (1996).
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi