Respighi e Guastalla trassero ispirazione per
Maria Egiziacada una leggenda medioevale, tramandata nell’anonimo poema agiografico della
Vida de Santa Maria Egipciaca. Vi si narra la vita di una donna (Maria) vissuta in gioventù nella più sfrenata libertà di costumi, la quale improvvisamente sentì un’irresistibile quanto inspiegabile attrazione per la croce di Cristo, che poté contemplare a Gerusalemme dopo essersi profondamente pentita della sua condizione di peccato; purificata, sarebbe poi scomparsa nel deserto, dove visse in preghiera fino a tarda età e dove fu trovata morente da un monaco santo (Zosimo), che provvide alla sua sepoltura con l’aiuto di un leone. Nell’opera si sommano numerose suggestioni: dalle citazioni francescane di Guastalla (ad esempio il coro finale degli angeli “Laudato sii, Signoreâ€), alle ricostruzioni in stile gotico delle scenografie (la didascalia prevede che quella d’apertura riproduca in un trittico i luoghi della vicenda); dalla tinta gregoriana delle melodie che nel secondo quadro provengono dall’interno del tempio di Gerusalemme, alla vocazione sinfonica dell’ispirazione di Respighi (due intermezzi, illustrati da lunghe didascalie a mo’ di poema sinfonico, collegano i tre episodi di cui si compone l’opera). Le pagine più significative di questa ‘opera da concerto’ risultano tuttavia quelle in cui la ricca vena sinfonica respighiana si fonde con una vocalità intensamente drammatica; è ciò che accade soprattutto nel momento della redenzione di Maria, nell’aria “O bianco astore, angelo del Signore†e nella successiva esaltazione mistica “O Salutare, che non oso nomareâ€.
Fonte:
Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi