Lo svizzero Bloch, di formazione cosmopolita – aveva studiato a Ginevra, Bruxelles, Francoforte e Monaco – prima di dedicarsi prevalentemente a musiche di ispirazione ebraica (celeberrima la rapsodia per violoncello e orchestra
Schelomodel 1915-16, la cui ‘prima’ ebbe luogo a New York nel 1917, dove egli si trasferì in quell’anno, per rimanere quasi tutto il resto della vita negli Stati Uniti), compose tra il 1903 e il 1909 a Parigi e Ginevra quella che doveva restare l’unica sua opera lirica compiuta.
In Scozia, verso il 1030. Macbeth al termine di una battaglia incontra tre streghe che gli profetizzano la nomina a Than di Cawdor – che infatti avverrà prontamente – e un futuro da re. Incitato dalla Lady, Macbeth uccide il re Duncan, ospite nel suo castello. Diventato re egli stesso, Macbeth viene a sapere della fuga di Malcolm e Macduff, la cui sposa e i cui figli sono stati trucidati; inoltre egli fa uccidere Banquo, mentre suo figlio sfugge all’attentato. Durante un banchetto, al solo Macbeth appare il minaccioso spettro di Banquo; nonostante i tentativi di Lady Macbeth di calmare il consorte, gli ospiti fuggono, preoccupati del contegno del re. Nell’ultimo atto Macbeth viene a sapere dalle streghe che «egli sarà invincibile finché la foresta di Birnam non marcerà ». Sollevato, Macbeth intende tenere testa ai suoi oppositori, ma alla sonnambula Lady Macbeth le sue colpe non danno pace: ella crolla, sopraffatta dal rimorso. Soldati nascosti da rami (la foresta semovente della profezia) si avvicinano, mentre Macbeth cade in duello per mano di Macduff: Malcolm è il nuovo re.
Il libretto francese, che segue da vicino la tragedia shakespeariana, nella versione rappresentata a Napoli (1938) è stato adattato in italiano da Mary Tibaldi Chiesa, mentre lo stesso Bloch, con Alex Cohen, ne approntò una versione inglese, in cui si riprendono testualmente brani di Shakespeare. Anche in questo tentativo di farne unaLiteraturoper,Macbethè vicino aPelléas et Mélisande, al cui declamato è in qualche modo debitore, mentre tra i drammi idealmente vicini Guido M. Gatti non esita a citareBoris Godunove laFedradi Pizzetti. La partitura diMacbeth, rispetto allo scintillanteSchelomoe altre colorite opere posteriori, spesso vagamente orientaleggianti, è di una «relativa monotonia ritmica e armonica» (Gatti), nella sua pur grande arditezza, e Bloch in essa non indulge all’enfasi di molti compositori coevi, riuscendo tuttavia a concludere il primo e il terzo atto con monumentali scene corali di notevole effetto teatrale. Ciò nonostante la fortuna dell’opera è rimasta circoscritta a poche riprese (Bruxelles e Cleveland 1957, Teatro alla Scala 1960), fra le quali spicca quella romana (1953) con Gianna Pederzini e Nicola Rossi Lemeni, diretti da Gianandrea Gavazzeni.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi