Home Page
Consultazione
Ricerca per categorie
Ricerca opere
Ricerca produzioni
Ricerca allestimenti
Compagnia virtuale
Servizio
Informazioni e FAQ
Condizioni del servizio
Manuale on-line
Assistenza
Abbonamento
Registrazione
Listino dei servizi
Area pagamenti
Situazione contabile


Visualizzazione opere

Promessi sposi, I
Melodramma in tre atti di Emilio Praga, da Manzoni
Musica di Amilcare Ponchielli 1834-1886
Prima rappresentazione: Cremona, Teatro della Concordia, 30 agosto 1856 (seconda versione: Milano, Teatro Dal Verme, 5 dicem

Personaggi
Vocalità
Agnese
Soprano
Don Rodrigo
Baritono
fra Cristoforo
Basso
il cardinale Federico
Basso
il Griso
Basso
la signora di Monza
Mezzosoprano
Lucia
Soprano
l’Innominato
Basso
Renzo
Tenore
Tonio
Tenore
Note
La prima versione del libretto, attribuita a Ghislanzoni, fu più probabilmente frutto della collaborazione di Giuseppe Aglio e Cesare Stradivari, ma nell’edizione a stampa manca qualsiasi indicazione; Ponchelli ricorda che la stesura del lavoro fu a più mani: lui stesso fu forse tra gli autori, ma non ha mai fornito dati più precisi. La ben nota vicenda manzoniana è riproposta con notevole infedeltà (mancano Don Abbondio e Agnese); né Praga, nel rifacimento, vi pose rimedio. La prima rappresentazione ebbe un buon successo, ma al di fuori della cerchia provinciale l’opera non fu conosciuta (né risulta che a Manzoni ne giungesse notizia) e nessun editore si fece avanti per acquistarne la partitura. Solo a seguito del successo dell’opera omonima di Petrella, Ponchielli sottopose il lavoro a un radicale rifacimento, riuscendo a farlo rappresentare, dopo alcune controversie di carattere editoriale, al Dal Verme di Milano. L’accoglienza fu incoraggiante, ma solo la rappresentazione scaligera di due anni dopo, successiva a quella deiLituani, rivelò Ponchielli tra le presenze più significative dell’ambiente operistico italiano di quegli anni (riguardo al coro nella scena del lazzaretto, Filippi si sentì di suggerire addirittura un accostamento aFidelio). Lo stile dell’opera appare il risultato di una fusione fra la tradizione operistica italiana del primo Ottocento – pur sempre ravvisabile, nonostante la profonda revisione cui Ponchielli sottopose la partitura – e le più recenti acquisizioni del linguaggio francese, soprattutto di Meyerbeer (come nella scena finale, con la morte di Don Rodrigo). Il libretto risulta disorganico, nonostante la revisione di Praga e un precedente intervento dello stesso Ponchielli, cui la versione approntata da Ghislanzoni per Petrella non dovette essere estranea. Lungi dall’imitare lo stile manzoniano – operazione che Praga, da buon scapigliato, avrebbe aborrito – anche la nuova versione mantiene la vicenda nei limiti di quella riduzione ai moduli drammaturgici più ricorrenti nel melodramma (il triangolo amoroso per Renzo, Lucia e Don Rodrigo; i bravi ricondotti al familiare ruolo di sgherri, di donizettiana memoria; fra’ Cristoforo che si esprime con il generico linguaggio di un ministro del culto) che era già della stesura originale, ricorrendo alle espressioni più tipiche dello stile librettistico coevo.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi

Credits - Condizioni del servizio - Privacy - Press Room - Pubblicità