Home Page
Consultazione
Ricerca per categorie
Ricerca opere
Ricerca produzioni
Ricerca allestimenti
Compagnia virtuale
Servizio
Informazioni e FAQ
Condizioni del servizio
Manuale on-line
Assistenza
Abbonamento
Registrazione
Listino dei servizi
Area pagamenti
Situazione contabile


Visualizzazione opere

Mathis der Maler
Opera in tre atti e sette quadri proprio
Musica di Paul Hindemith 1885-1963
Prima rappresentazione: Zurigo, Stadttheater, 28 maggio 1938

Personaggi
Vocalità
Albrecht di Brandeburgo
Tenore
contadino (2)
Tenore
contadino (2)
Basso
Hans Schwalb
Tenore
il conte di Helfenstein
Mimo
il pifferaio del conte
Tenore
la contessa
Contralto
lo scalco di Waldburg
Basso
Lorenz von Pommersfelden
Basso
l’araldo del conte
Tenore
Mathis
Baritono
Regina
Soprano
Riedinger
Basso
Sylvester von Schaumberg
Tenore
Ursula
Soprano
Wolfgang Capito
Tenore
Note
«Sebbene ritenga che il musicista che unisce nella sua persona la più alta forma di introspezione agostiniana con la perfezione boeziana rimarrà sempre un ideale irraggiungibile, si ha ragione di cercare in chi lavori in questa direzione colui che si avvicina di più a questo ideale. Per costui il fondamento della propria arte è il sapere, proprio come lo fu per il suo predecessore, il musico Boezio. Questa sapienza non è meramente confinata all’interno degli angusti limiti della sua abilità di combinare i suoni, ma comprende anche le capacità umane, sia spirituali sia emotive, che conducono alla comprensione della musica; e quindi questa sapienza sarà la forza motrice nel suo lavoro. E anche se egli incappasse nei pericoli nascosti nell’atteggiamento boeziano verso la musica – cioè, il cadere nel dubbio e nella disperazione, a causa della perdita di fiducia nel proprio lavoro e nel proprio talento – anche allora egli non sarà mai completamente perduto! Egli trasformerà i suoi dubbi in potenza creativa, e sarà sempre in grado di farlo, perché egli è sostenuto, aiutato e trasportato dalla sua ben solidamente fondatascientia bene modulandi». Queste parole, pronunciate dall’autore in una lezione all’università di Harvard negli anni Cinquanta, possono essere poste a epigrafe del più importante lavoro teatrale di Hindemith. Gli stessi concetti filosofici, esposti in forma drammatica, sono il punto di approdo di una riflessione sulla condizione dell’artista che, iniziatasi conCardillac, giunge qui a una prima sintesi, nella rappresentazione delle vicende del pittore Mathis, raffigurante il personaggio storico di Mathis Gothart Nithart, noto come Matthias Grünewald. La gestazione delMathisnon fu breve. Durante la collaborazione comune perLehrstück(1929), Hindemith e Brecht misero in cantiere anche il progetto per una nuova opera, che però non si realizzò a causa di contrasti di opinione. Hindemith allora si rivolse allo scrittore Gottfried Benn, che già gli aveva fornito il testo per l’oratorioDas Unaufhörliche, ma neanche in questo caso arrivò a qualche conclusione. Il compositore decise dunque di scrivere da sé il testo, con l’idea di elaborare un soggetto storico. Ma la ricerca continuò ansiosamente ancora in varie direzioni, compreso un tentativo di convincere Ernst Penzoldt a scrivere un soggetto sulla nascita della ferrovia finché un’occasionale visita al duomo di Colmar, stando al suo stesso racconto, instradò Hindemith verso la materia delMathis. Neppure la sua realizzazione ebbe vita facile. L’opera fu pronta in partitura nel 1935, ma allorché Wilhelm Furtwängler la programmò nel cartellone della stagione dell’Opera di Berlino, Hitler in persona ne proibì l’allestimento. Furtwängler tentò di contrastare, fino a pubblicare sulla ‘Deutsche Allgemeine Zeitung’ un articolo intitolatoIl caso Hindemith, l’ostracismo per un autore che il regime aveva bollato come ‘bolscevico culturale’, ma né il suo intervento né quello di altre importanti personalità musicali sortirono effetto; fu possibile solo eseguire parte della musica sotto forma di lavoro sinfonico (Sinfonia ‘Mathis der Maler’). La ‘prima’ dell’opera avvenne con grande successo nel 1938 a Zurigo, mentre in Germania fu eseguita solo dopo la guerra (Stoccarda 1946).

Quadro primo. Nella città di Magonza e nei suoi dintorni, all’epoca delle guerre contadine e della Riforma (1520-’30). In un assolato meriggio di fine maggio, in un convento antoniano sul Meno, Mathis osserva pensieroso l’affresco che sta dipingendo quando il vecchio Schwalb, il capo dei contadini in rivolta, e la figlia Regina vengono a cercare un rifugio, braccati dai soldati. Mentre i monaci assistono Schwalb lacero e affamato, Mathis si prende cura di Regina, che si rinfresca alla fontana cantando una canzone (“Es wollt ein Maidlein waschen gehnâ€). Mathis, per sollevarle l’animo, le dona un nastro di tessuto prezioso che viene dall’Oriente (“Ein Schiff brachte es aus dem Land Westindiaâ€). Schwalb critica Mathis perché perde tempo a dipingere, mentre intorno a lui infuria la guerra e il popolo è oppresso. Il pittore, già in crisi per conto suo, gli promette di fare il possibile per la causa dei contadini, e lo salva dai soldati offrendogli il proprio cavallo per fuggire. Assuntosi la responsabilità della loro fuga, Mathis viene portato a Magonza per essere giudicato dal cardinale, al cui servizio egli si trova.

Quadro secondo. Tra la folla che attende il cardinale Albrecht, di ritorno a Magonza, si scatena una rissa tra cattolici e luterani (“Dem Volk stropft man die falschen Lehrenâ€). L’ingresso del cardinale con le reliquie di San Martino riporta l’ordine nella sala. Albrecht è un sincero protettore delle arti (“Gewinnst du auch mein Herzâ€), ma ormai non ha più sufficienti facoltà per agire da mecenate. Il ricco borghese Riedinger, luterano, lascia intendere che non gli mancherà il suo appoggio finanziario, se il principe impedirà il rogo dei libri ordinato dal vicario del Duomo Lorenz von Pemmersfelden. Nel frattempo Mathis, entrato nella sala, si intrattiene a parlare con Ursula, la figlia di Riedinger, che non si preoccupa di nascondere i sentimenti che prova per lui. Albrecht apprende con sdegno l’ordine papale di bruciare i libri luterani e annulla l’ordine, ma, uscito Riedinger, è costretto a firmare il decreto da Pommersfelden, che gli ricorda l’obbedienza dovuta alla autorità papale. I papisti non vedono di buon occhio nemmeno lo stile del suo pittore, incolpato di raffigurare il Salvatore col volto di un mendicante e la Madonna con quello di una mandriana. Inoltre, un ufficiale della guardia denuncia Mathis per aver fatto fuggire Schwalb. Tra l’indignazione generale, Mathis si discolpa perorando la causa dei contadini (“Meiner Brüder Angstschreiâ€). Albrecht lo protegge, ma gli ordina di concentrarsi solo sul suo lavoro. Mathis si ribella e chiede il congedo dal servizio. Malgrado la gravità del gesto, Albrecht, che ammira l’artista, lo lascia libero di andarsene.

Quadro terzo. I luterani nascondono i libri, per salvarli dal rogo dei papisti, nella casa di Riedinger, che si crede al sicuro grazie alla parola di Albrecht. Capito invece, consigliere del cardinale, rivela alle guardie il nascondiglio. Furente, Riedinger lo accusa di tradimento, ma Capito spiega che il rogo serve a tener buoni i papisti, e rivela loro una lettera di Lutero ad Albrecht (“Es ist meine Meinungâ€), in cui lo esorta a prendere moglie e a secolarizzare la diocesi: ciò significherebbe lo scisma dalla Chiesa di Roma e l’affermazione della nuova fede. I luterani sono scettici sul fatto che Albrecht sia disposto a un tale passo, ma Capito lascia intendere che il cardinale potrebbe essere convinto se la sposa fosse Ursula. Riedinger chiede alla figlia di sacrificare i suoi sentimenti per la causa della fede, lasciandola sgomenta (“Was bin ich anderes in dieser Männerweltâ€). Mentre nella piazza si alzano le fiamme del falò, Ursula supplica Mathis di portarla via con sé, dovunque abbia deciso di andare. Mathis però, a cui Ursula aveva dato come pegno d’amore il nastro che lui poi aveva donato a Regina, non vuole che sacrifichi se stessa per un uomo più vecchio e in crisi come lui (“Ich kann nicht mehr malenâ€): entrambi devono rassegnarsi al proprio destino. Col cuore in pezzi, Ursula accetta la proposta del padre.

Quadro quarto. Nella piccola piazza di Königshofen, devastata dalla rivolta, i contadini trascinano in catene il conte Helfenstein e la moglie. In preda all’odio e alla vendetta, i rivoltosi giustiziano barbaramente il conte. Mathis si oppone a questa crudeltà (“Wer hieß euch den Grafen ermorden?â€) e cerca di difendere la contessa dalle offese dei contadini, che lo malmenano. Schwalb accorre in armi (“Das sieht euch gleichâ€), perché sta per abbattersi su di loro l’esercito dello Scalco di Waldburg, e incita gli uomini alla battaglia. I contadini vengono sgominati e Schwalb ucciso. Mathis, risparmiato su preghiera della contessa Helfenstein, considera con amarezza il proprio fallimento (“Wagen wollen, was ein Willeâ€) e si allontana con Regina dal campo di battaglia.

Quadro quinto. Nel suo studio di Magonza, il cardinale discute con Capito (“Wollt ihr mich denn entmündigen?â€) la proposta di Lutero. Per salvarsi dai debiti contratti per fare di Magonza una culla di civiltà, «una Roma tedesca sul Reno», ha necessità dell’aiuto dei borghesi luterani. Non si aspetta però di dover prendere in moglie proprio Ursula, di cui è segretamente innamorato. Dopo un drammatico colloquio, in cui comprende che Ursula accetta questo matrimonio solo per affermare la sua fede (“Tiefste Scham steigt in mir aufâ€), Albrecht decide di rinunciare al fasto dei beni terreni e di condurre una vita da eremita. Commosso dalle parole di Ursula, riconosce ai luterani il diritto di professare il proprio credo (“Mein Freund, schmäht eure Tochter nichtâ€).

Quadro sesto. Tra i grandi tronchi della foresta di Odenwald, nell’ultima luce della sera, Regina è ancora in preda a una grande agitazione, ossessionata dal ricordo del padre trucidato (“Wie weißt du das?â€). Mathis cerca di calmarla, mentre prepara un giaciglio, raccontandole (“Maßlos das Leid der Jugendâ€) di come gli angeli proteggano il cammino degli uomini e descrivendole il loro concerto celeste. Nella notte, Mathis si identifica nella figura di sant’Antonio, e ne rivive le visioni. Giacente ai piedi di un castello medioevale, Mathis vede sfilare davanti a sé, nell’ordine raffigurato sulla pala di Isenheim e nelle sembianze dei personaggi della sua vita, varie figure allegoriche, che lo tentano ad allontanarsi dal proprio cammino artistico: la contessa come la Ricchezza, Ursula come la Seduttrice e la Martire, Capito come l’Erudito, Schwalb come il Signore della Guerra. Al culmine dei tormenti demoniaci, Albrecht, nella figura di san Paolo, appare al posto delle tentazioni, e riconduce Mathis all’unica via che gli è stato dato di percorrere, cioè a quella dell’arte. Nella luce del mattino rifulge dinanzi ai loro occhi la città di Magonza e il Reno.

Quadro settimo. Sfinito, di notte, nella sua bottega di Magonza, Mathis è al lavoro davanti alla futura pala dell’altare di Isenheim. Regina sta morendo, assistita da Ursula. I suoi ultimi pensieri sono per Mathis: negli occhi del Crocifisso che ha dipinto ha riconosciuto lo sguardo pieno d’orrore del padre morto, quello sguardo che continua a ossessionarla. Ignara del passato, prega in disparte Ursula di ridare a Mathis il nastro, simbolo del loro eterno legame. Poi spira, tra le braccia del pittore. All’alba si presenta Albrecht, cui Mathis consegna il capolavoro, col quale ha portato a compimento la sua arte. Albrecht vorrebbe ospitare il vecchio artista nel suo palazzo, ma Mathis sente prossima la morte e desidera la solitudine. Si congedano con grande commozione. Rimasto solo, Mathis ripone in un cassa gli oggetti che racchiudono il senso della sua vita: regolo e compasso, i pennelli, un’onorificenza d’oro, alcuni libri e infine il nastro, simbolo del suo amore.

Opera di grande respiro,Mathis der Malernon è solo il racconto in forma drammatica della vita di Mathis Grünewald, ma una meditazione sul significato stesso dell’arte nella società, un tema già affrontato da Hindemith inCardillace che ritornerà nella sua terza grande opera,Die Harmonie der Welt. Considerato anche il contesto storico in cui l’opera fu composta, durante il regime nazista, e profilandosi una nuova guerra, è impossibile non vedere nella solitudine spirituale e artistica di Mathis il riflesso della condizione stessa di Hindemith, isolato e costretto all’esilio. Inoltre l’opera rappresenta un importante punto di svolta nello stile dell’autore e una netta presa di posizione estetica in opposizione alle principali personalità musicali degli anni Trenta, Schönberg e Stravinskij. Sebbene Hindemith non avesse mai realmente abbandonato il terreno tonale, neppure nei lavori più radicali degli anni Venti, in quest’opera affermò la tonalità come fondamento naturale della musica, un principio che negli stessi anni chiarì in forma teorica nel suoManuale di composizione. Nella sua prefazione alla esecuzione di Zurigo, Hindemith delineò anche un parallelo molto significativo tra Mathis e Bach, nel quale osservò che entrambi, pur consapevoli delle scoperte della nuova epoca, decisero di sviluppare la tradizione nella propria arte. Mentre inCardillacil contrappunto estremamente serrato e di preferenza affidato ai fiati solisti mirava più a nascondere la tonalità che a negarla, inMathisesso si sviluppa con un quieto e aperto abbandono, subito nel preludio (‘Concerto angelico’) con un predominio del timbro caldo della massa degli archi. Altra importante caratteristica dell’opera è l’uso di musica popolare, di canti dell’epoca della Riforma e di melodie gregoriane come materiale da elaborare. Questo patrimonio è rivendicato come espressione della natura profonda e migliore del popolo tedesco, a illustrazione di una grande epoca di civiltà: il Lied alla fontana di Regina, per esempio, rivela immediatamente, al primo incontro, un personaggio vitale e positivo. Queste caratteristiche, unite all’atteggiamento eccessivamente serioso dell’autore e al giudizio negativo di Adorno, crearono, soprattutto nella giovane generazione di compositori del dopoguerra, una malintesa lettura di Hindemith come capofila di un’estetica passatista, marchio di cui non si è ancora oggi fatto pienamente giustizia. I caratteri dei personaggi, tutti attinti da reali figure storiche, sono abbozzati con penetrante sensibilità psicologica, anche se nel piano complessivo si muovono a formare un affresco filosofico. In particolare è interessante la relazione tra Mathis e Albrecht, due figure per motivi diversi inquiete e perdenti, in perenne equilibrio tra simpatia e inimicizia. Il cardinale è un uomo complesso, infine incapace di scegliere una posizione nel conflitto religioso. Un’eco di quella tensione confessionale doveva risonare ancora nella stessa infanzia di Hindemith, i cui genitori provenivano da famiglie di differente fede religiosa, come quelle di molti tedeschi del Nord. In tema di sentimenti ritroviamo anche in Mathis la medesima incertezza, alla quale però occorre applicare un’eccezione per l’allegoria. Regina e Ursula rappresentano le forze che si contendono il predominio nell’animo del pittore: l’ideale sociale e l’ideale spirituale. Mathis, dopo la grande scena delle visioni, vero centro di gravità dell’opera, sceglie l’Arte, ma a prezzo della Vita. Dopo la morte di Regina, compiuta la sua opera, egli è condannato a vivere nella memoria, contando solo sulle reliquie della sua esistenza.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


Credits - Condizioni del servizio - Privacy - Press Room - Pubblicità