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Roi malgré lui, Le
Opéra-comique in tre atti di Emile de Najac e Paul Burani
Musica di Emmanuel Chabrier 1841-1894
Prima rappresentazione: Parigi, Opéra-Comique, 18 maggio 1887

Personaggi
Vocalità
Alexina
Soprano
Basile
Tenore
Caylus
Basso
d’Elbeuf
Tenore
Henri de Valois
Baritono
il conte di Nangis
Tenore
il duca di Fritelli
Baritono
Lasky
Basso
Liancourt
Tenore
Maugiron
Baritono
Minka
Soprano
un soldato
Basso
Villequier
Basso
Note
Basata su un complicato intreccio desunto dalle storiche disavventure occorse al re Enrico III di Francia (cui la madre Caterina de’ Medici aveva imposto di assumersi l’onorevole onere del trono di Polonia),Le Roi malgré luiha incontrato giudizi disparati: Cosima Wagner lo equiparò a unamésalliancefra l’operetta alla Offenbach e il sinfonismo berlioziano, mentre Ravel dichiarò, addirittura, di preferirla alRing. Indubbiamente Chabrier modella la vicenda conferendole una raffinata mobilità di accenti e innervando ogni scena con armonie che, senza bizzarrie, pure rivelano un’originalità destinata a ripercuotersi anche sulla musica di Satie e Debussy; e proprio Ravel fece notare come lapremièredelRoi malgré luiavesse influenzato la successiva evoluzione armonica della musica francese.

Atto primo. Proclamato re di Polonia contro la sua volontà, Henri sogna con accorata nostalgia la sua Francia lontana e apprende, con intima soddisfazione, che i polacchi (che ancora non lo conoscono) stanno già cospirando per innalzare al trono, in sua vece, un loro connazionale, Lasky, già governatore locale. Henri convince il suo fraterno amico Nangis a recitare per qualche giorno la parte di re, mentre dal canto suo, presentandosi ai nobili polacchi sotto il nome di Nangis, il vero sovrano fingerà di prendere parte al complotto per cercare a sua volta di sbarazzarsi dell’indesiderato trono.

Atto secondo. Ma quando ritrova la bella Alexina, suo antico amore veneziano ora sposata al buffo Fritelli, Henri comincia a riconciliarsi con il suolo polacco; nel frattempo il vero Nangis trova nella tenera schiava Minka un amore dolcissimo e devoto. La vicenda sembra però precipitare quando Henri viene informato dai congiurati dell’intenzione di assassinare, per maggior sicurezza, il presunto ‘usurpatore’, ossia l’ignaro Nangis.

Atto terzo. Con l’aiuto di Minka, all’oscuro dei travestimenti e perciò spaventatissima, e la testimonianza di Alexina, che ormai riappacificatasi con Henri è stata messa a parte di ogni suo segreto, il povero Nangis viene salvato dopo una serie di intricatiqui pro quo, i congiurati perdonati e il regno affidato definitivamente a Henri che, ritrovata Alexina, non oppone più ostacoli a stabilirsi in terra polacca.

Fin dall’ouverture si percepiscono i due mondi espressivi su cui Chabrier tesse l’intera trama dell’opera: da un lato la causticità furbesca, che sorregge le scene di complotto, dall’altro le espansioni liriche, mai eccessivamente sdolcinate, che individuano soprattutto l’affettuosità amorosa di Minka. Le armonie di nona di dominante, scandite dalle trombe e arditamente giustapposte, infatti, evocano una dimensione militaresca, che presto si stempera in leggerezze di arpe e fiati. Nella scena iniziale, mentre i soldati giocano a dadi, il colore strumentale (pizzicato d’archi, cui si aggiungono arpa e triangolo) e il ritmo guizzante e imprevedibile creano un’atmosfera leggera, in cui non permane alcuna scoria di eroismi roboanti. Bisogna ricordare che Ravel, all’inizio degli anni Trenta, ritoccò in alcuni passi la strumentazione originaria; quest’opera di revisione era stata stimolata dall’intervento operato sul libretto da Albert Carré nel 1929, con l’intento di chiarire alcuni episodi un po’ troppo macchinosi. A Minka sono riservate alcune splendide romanze, contrassegnate dalla lacrimosa tenerezza dell’oboe (in particolare nel primo atto); un momento molto felice è inoltre costituito, nello stesso atto, dal trio di Alexina, Henri e Fritelli, che si snoda mentre Minka canta fuori scena abbandonandosi ad aerei vocalizzi di sapore esotizzante. Questa connotazione orientale si protrae, per il personaggio di Minka, anche nel secondo atto, quando Minka canta con le altre giovani schiave una melodia tzigana; e le colorature hanno un’impennata di virtuosismo alla comparsa di Nangis, accolto dall’amata con un verojubilumcanoro. Vocalizzi non mancano neanche nella barcarola con cui Alexina e Nangis rievocano i loro giorni veneziani, ma sono trattenuti in questo caso sull’inflessione nobilmente malinconica dellemélodiesdi Fauré. Nel primo atto, la scena in cui Henri resta solo in scena e si strugge per ilmal du pays, Chabrier ricrea un clima rinascimentale, utilizzando un fa minore dorico e affidando la strumentazione alle viole separate, cui si aggiunge agli altri archi un pizzicato da chitarrone. I rabbuffi che corrono fra Alexina e Henri (da cui lei si era creduta abbandonata) sono intercalati dalla smorfia sorniona e sdrammatizzante del fagotto e del clarinetto basso; l’ensembledei congiurati, poi, è una parodia della consacrazione delle spade negliUgonottidi Meyerbeer, condotta con molto buon gusto e immancabileésprit, a ulteriore conferma del giudizio manifestato da Stravinskij nelleChroniques de ma vie, quando dichiarò con ammirato fervore cheLe Roi malgrélui ha «la sfortuna di non essere altro che musica», aliena da ogni accademismo e da ogni astuta ricerca di facili effetti.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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