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Schwarze Maske, Die
(La maschera nera) Opera in tre atti proprio e di Harry Kupfer, dal dramma omonimo di Gerhart Hauptmann
Musica di Krzysztof Penderecki 1933-
Prima rappresentazione: Salisburgo, Großes Festspielhaus, 15 agosto 1986

Personaggi
Vocalità
Arabella
Soprano
Benigna
Soprano
conte Ebbo Hüttenwächter
Basso
contessa Laura Hüttenwächter
Contralto
Daga
Soprano
François Tortebat
Basso
Hadank
Tenore
il dottor Knoblochzer
Basso
Jedidja Potter
Tenore
Johnson
Recitante
Lövel Perl
Baritono
Plebanus Wendt
Basso
Robert Dedo
Baritono
Rosa Sacchi
Mezzosoprano
Schedel
Tenore
Silvanus Schuller
Tenore
un danzatore mascherato
Mimo
Note
Die schwarze Maskeè la terza opera del compositore polacco, composta fra il 1984 e il 1986; con la precedente (Paradise Lost, 1975-78) condivide più aspetti, compresa una certa economia dei mezzi musicali. Certo, il taglio più grottesco dell’intreccio deLa maschera nerafavorisce maggiormente in quest’ultima il tipico impiego del cromatismo, che contraddistingue lo stile di Penderecki. L’opera era stata commissionata al compositore polacco dalla direzione del Festival di Salisburgo nel 1982. In verità in un primo tempo erano stati proposti come librettiLa signorina Giuliadi Strindberg (1888) eAmadeusdi Shaffer (1979), ma poi la scelta era caduta sul dramma in un atto di Hauptmann: un dramma dimenticato, rappresentato una sola volta, nel 1929, al Burgtheater di Vienna; una vicenda avvolta da un velo di realismo magico, ambientata in una Slesia desolata per la guerra dei Trent’anni appena trascorsa. L’ambiente esterno non vi è colto che di riflesso, nel dialogo dei personaggi, fino a quando non penetra nella sala della dimora borghese in cui si compie tutta l’azione, dando vita a un’atmosfera di assurdo e di incubo. Serpeggia la morte nera, la peste: si introduce nel gruppo dei commensali, complice il carnevale, dietro il simbolo di una maschera nera.

A Bolkenhain, in Slesia, nel 1662. Mentre nella città dilaga la pestilenza, nella casa del ricco borgomastro viene organizzato un sontuoso banchetto per il pranzo di carnevale, riservato a invitati di rango. Il giorno convenuto la sala da pranzo si anima: giunge dapprima, da Amsterdam, il commerciante ebreo Lövel Perl, vecchio amico di famiglia; segue la coppia dei conti Hüttenwächter, in compagnia del pastore protestante Wendt; con la bellissima padrona di casa entra l’abate principe del luogo, e per ultimo Hadank, organista, compositore e libero pensatore. È poi il momento della servitù: Arabella, la romana Rosa, Potter, che prega e canta in continuazione, Tortebat e infine Daga; in tutto tredici destini, fra loro variamente intrecciati. Poco a poco si viene a scoprire la storia di Benigna. Abitava ad Amsterdam ed era sposata a un uomo che si era arricchito con la tratta degli schiavi, poi morto misteriosamente; Schuller era diventato allora il suo secondo marito, ed ella lo aveva seguito in Slesia con Arabella e l’intera servitù. Al nuovo marito Benigna è unita però da un ‘amore casto’; per questo, la notte accompagna Daga nel suo letto. Schuller non sa che Arabella è figlia di Benigna e di Johnson, il negro che la moglie aveva conosciuto ad Amsterdam, che l’aveva costretta al primo matrimonio e che le aveva poi ucciso il marito. Ora, il giorno di carnevale, Johnson ricompare: si presenta in casa del borgomastro spinto da sentimenti di vendetta, dapprima celato dietro una misteriosa maschera nera, poi a volto scoperto; accusa Jedidja di complicità nell’assassinio, e l’uomo crolla morto. Il tentativo di Benigna di scusarsi con Schuller giunge troppo tardi: anche lei muore. È la peste che si infiltra per mano di Johnson? Certo ora è la morte a festeggiare: tutti moriranno, anche Schuller (lo sparo che si sente indica forse suicidio?). Solo Lövel Perl riesce ad allontanarsi da quell’inferno, dalla città assediata dalla morte.

I differenti piani del dramma di Hauptmann vengono filtrati dalla lettura di Penderecki e asserviti a un’idea fondamentale: la visione apocalittica. Il male che incombe e avvolge nelle sue spire, l’arrivo dell’ultimo giorno come giorno del giudizio, del dissolvimento della corruzione:La maschera neraricrea lo spirito del mistero medioevale. Penderecki e il regista Kupfer hanno eliminato dal testo teatrale originario tutti i riferimenti sociologici e storici; viene invece accentuata l’atmosfera macabra, presente fin dal primo istante ed enfatizzata da ripetizioni ossessive di parole o frasi, ripartite spesso fra più persone. La musica è invocata dallo stesso testo del dramma: così il carillon di Amsterdam, fatto installare da Schuller nel campanile di Bolkenhain; così i corali che intona Jedidja (fra cui ‘O Haupt voll Blut und Wunden’, secondo la versione Hans Leo Hassler del 1601); così anche la musica che giunge dal piano superiore della casa, specialmente quella delle danze (desunta dall’autentico repertorio del XVII secolo, e proposta ad esempio da flauti a becco). La tecnica di mescolare al linguaggio moderno musiche antiche vede anche l’impiego di citazioni dello stesso compositore: quando Benigna impazzisce risuona il Dies irae (coro maschile) dalRequiem polacco(completato nel 1984); quando Hadank parla del suo nuovo Te Deum, l’abate principe intona la melodia principale delTe Deum(1980). Il ritmo con cui si avvicendano le scene crea una tensione quasi palpabile, proprio per l’avvicendamento di elementi eterogenei anche dal punto di vista della vocalità: recitazione, parlato ritmico,Sprechgesang(il Pater noster di Jedidja), risate (coordinate contrappuntisticamente), fino alle espressive arcate melodiche, caratterizzate dall’impiego di ampi intervalli. Alcune figure musicali, come il primo tema accordale, ricorrono in più punti dell’opera con valore simbolico. Nell’insieme le oasi di quiete sono rare; ovunque domina un impulso motorio quasi macchinistico, spesso supportato da effetti timbrici vistosi.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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