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Königskinder, Die
(I figli del re) Opera fiabesca in tre atti proprio, dal dramma omonimo di Ernst Rosmer [Elsa Agnes Porges]
Musica di Engelbert Humperdinck 1854-1921
Prima rappresentazione: New York, Metropolitan, 28 dicembre 1910

Personaggi
Vocalità
il figlio del re
Tenore
il sarto
Tenore
il taglialegna
Basso
il trovatore
Baritono
il venditore di scope
Tenore
la pastorella d’oche
Soprano
la sguattera
Contralto
la strega
Contralto
l’anziano del Consiglio
Baritono
l’oste
Basso
sentinella (2)
Baritono
sua figlia
Soprano
sua figlia
Mezzosoprano
Note
Il successo folgorante diHänsel und Gretel(1893) fece sì che parecchi scrittori si rivolgessero a Humperdinck per offrire soggetti adatti a una nuova opera. Tuttavia il compositore stentava a trovare una nuova storia che lo soddisfacesse, finché alla fine del 1894 un vecchio amico di Monaco, Heinrich Porges, gli propose di comporre le musiche per un dramma scritto dalla figlia Elsa, sposata al drammaturgo Max Bernstein. Sotto lo pseudonimo di Ernst Rosmer, la Porges si era appunto segnalata con il drammaKönigskinder, che riunisce la materia di due note fiabe tedesche, amalgamandole in uno stile che lo colloca nel filone dell’acceso simbolismo di Gerhart Hauptmann. Il lavoro non solo convinse Humperdinck ad accettare la proposta, ma lo invogliò a chiedere di musicarlo; la Porges non si oppose, a condizione però che il testo venisse recitato per intero e non cantato. Nacque così una prima versione diKönigskindercome melologo, un genere musicale ibrido tra musica e teatro a quei tempi ancora abbastanza in voga nelle sale tedesche; in questa forma andò in scena nel 1897 ottenendo un buon successo, a dispetto delle difficoltà incontrate per coniugare la recitazione con la musica. Humperdinck aspirava tuttavia a comporre una vera e propria opera su questo soggetto e finalmente, dopo una decina d’anni, ottenne dalla Porges l’assenso non solo a trasformareKönigskinderin opera, ma anche a rivedere il libretto a propria discrezione. La versione operistica fu subito richiesta dall’intraprendente manager del Metropolitan, Giulio Gatti-Casazza, che la mise in programma con successo nel dicembre 1910, a ridosso della ‘prima’ dellaFanciulla del Westdi Puccini. Inserita così nel circuito internazionale,Königskinderfu molto eseguita fino agli anni Venti (a Milano arrivò nel 1911, diretta da Tullio Serafin), per poi scomparire in pratica dal repertorio.

Atto primo. C’era una volta una fanciulla che viveva isolata dal mondo, in compagnia solo delle sue oche. Una strega l’aveva rapita in fasce, per istruirla nell’arte di procurare danno e fastidio all’odiato genere umano, e la teneva con sé a vivere nel bosco. Un giorno le ordinò di cuocere un pane fatato, che avrebbe ucciso chi lo avesse mangiato. La fanciulla però, di buona indole, aggiunse al sortilegio che lo sventurato, prima di morire, potesse vedere ciò che di più bello avesse desiderato. Passò una volta nel bosco il giovane figlio di un re, che incontrò la ragazza e la fece innamorare; voleva portarla via con sé, ma il bosco era fatato ed ella non poteva uscirne. Irato, le gettò ai piedi una corona d’oro, chiamandola regina delle oche, e se ne andò verso la città vicina, Hellastadt, sotto le spoglie di un cavaliere errante. Proprio da lì, in quel mentre, arrivava – accompagnata dal canto di un menestrello – una delegazione di cittadini; i quali, rimasti senza re, non avevano trovato miglior consiglio che chiedere alla strega di vaticinare che cosa sarebbe accaduto. Ella rispose che chi avesse varcato la porta della città l’indomani a mezzogiorno, uomo o donna che fosse, sarebbe stato re. Nel frattempo, con l’aiuto del trovatore, la giovane riuscì a fuggire, sottraendosi al potere della strega.

Atto secondo. Proprio come aveva predetto la strega, la porta della città si aprì a mezzogiorno, e davanti alla folla dei cittadini, radunati per conoscere il nuovo sovrano, apparve la pastorella con la corona del principe sul capo. Questi si inginocchiò immediatamente dinanzi a lei in segno di obbedienza, ma il popolo, infuriato per essere stato preso in giro, cacciò a pedate la coppia dalla città, e sfogò la rabbia prima sul trovatore e poi sulla vecchia strega, che venne presa e bruciata.

Atto terzo. Scacciati in pieno inverno, i due giovani, stanchi e affamati, si rifugiarono nella casupola della strega, ora abitata dal malconcio menestrello, che nel frattempo si era messo alla ricerca dei due poveretti, assieme ai bambini della città: nella loro innocenza, essi avevano riconosciuto dietro le apparenze i veri principi. C’erano invece a frugare in casa due loschi figuri che, anziché i tesori nascosti della vecchia, avevano trovato solo il pane fatato. Per non morire di fame, il principe scambia la corona d’oro con il pezzo di pane; per un tragico destino, dunque, la pastorella aveva preparato per sé la propria morte, che li coglie addormentati l’uno nelle braccia dell’altro. Di fronte a questa scena il trovatore, insieme ai bambini, non poté che seppellirli pietosamente e far rivivere la loro triste storia nelle proprie canzoni.

La poesia grondante d’immaginazione simbolista della Porges fu, nella versione operistica, alquanto prosciugata da Humperdinck, al quale interessava soprattutto un genere di opera fondato su un’epica popolare. Paradossalmente, tuttavia, l’importanza storica diKönigskinderrisiede assai più nella prima versione in forma di melologo: qui l’autore creò uno degli ultimi lavori degni di fama (insieme, ad esempio, aEnoch Ardendi Richard Strauss) di un genere ormai al tramonto, tentando anche soluzioni di notevole originalità, che anticipano loSprechgesangdi Schönberg e Berg. L’opera, contrassegnata comeHänseldall’intreccio di elementi popolari con uno stile di matrice wagneriana, rivela il suo aspetto di maggior interesse nell’uso ingegnoso di una sorta di recitativo fluente e sempre ben sostenuto dall’orchestra, che si allarga spesso in oasi di fresco lirismo melodico.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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