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Re in ascolto, Un
Azione musicale in due parti di Italo Calvino
Musica di Luciano Berio 1925-2003
Prima rappresentazione: Salisburgo, Großes Festspielhaus 8 agosto 1984

Personaggi
Vocalità
il dottore
Tenore
il Mezzosoprano
Mezzosoprano
il pianista
il regista
Tenore
il Soprano I
Soprano
il Soprano II
Soprano
la moglie
Mezzosoprano
la Protagonista
Soprano
l’avvocato
Basso
l’infermiera
Soprano
Prospero
Basso-Baritono
un cantante
Basso
un cantante
Baritono
un cantante
Tenore
Venerdì
Recitante
Note
Presentata nel 1984 a Salisburgo e a Vienna, ripresa nel 1986 alla Scala e a Londra, l’azione musicaleUn re in ascoltonasce, comeLa vera storia(1982), dalla collaborazione del compositore con Italo Calvino. Berio utilizza solo una parte dello scritto originale, al quale lo scrittore darà forma autonoma in un omonimo racconto pubblicato nella raccoltaSotto il sole giaguaro(1986). Sulla traccia delle suggestioni ricevute dalla voce ‘Ascolto’ di Roland Barthes per l’Enciclopedia Einaudi, si inserisce in modo intermittente una precedente vicenda teatrale, già storicizzata. Come già inOperail testo di Striggio per l’Orfeodi Monteverdi, e inLa vera storiailTrovatoredi Verdi, qui aleggia laTempestadi Shakespeare, nella versione librettistica di Friedrich Gotter per unSingspieldel 1791; tale rilettura è ulteriormente filtrata attraverso le riflessioni esposte da W.H. Auden inThe Sea and the Mirror. A Commentary on Shakespeare’s ‘The Tempest’.

Ci troviamo immersi in un’atmosfera irreale: Prospero, re del teatro, si aggira nel suo regno, pensieroso e assente. Nel frattempo appaiono un regista, un attore (Venerdì), danzatori, acrobati, mimi e illusionisti, che provano scene dellaTempestadi Shakespeare. Alcune cantanti si sottopongono all’audizione per la scelta della protagonista; intanto Prospero si accascia, colto da malore. L’intero secondo atto non è che una lenta agonia di Prospero che, alla fine, forse muore.

Il carattere fenomenologico della musica, il suo disporsi nel tempo vivendo di memoria, si espande, con grandissima efficacia teatrale, alla dimensione generale dell’opera. Tutto – gesti, parole, vita e letteratura – acquista la consistenzamusicaledell’ascolto, creando uno spazio intermedio tra il vuoto del potere (che è poi il vuoto della morte) e l’energia creativa del canto, con la sua assoluta autoreferenzialità. Se il puro canto fa già parte dell’opera, infatti, il canto dell’opera diventa un ‘meta-canto’, un canto sul canto. Ecco perché le due parti diUn re in ascoltosi completano, formando un doppio cerchio: il presente reale e laduplicazionerappresentativa del teatro si intrecciano e si confondono. Nel ‘Duetto II’, come ne ‘La notte’ deLa vera storia, si percepisce il senso della solitudine legata al potere. Quando Prospero canta «con un personaggio che possa visitare altre menti... tante menti diverse...», si pensa all’atroce impossibilità di Filippo II, nelDon Carlosverdiano, di ‘leggere nei cuori’. I costanti riferimenti letterari e musicali alle opere precedenti si sommano quindi alle metamorfosi interne del materiale. A un’analisi dettagliata della partitura, risulta poi evidente che la grandissima varietà espressiva diUn re in ascoltopoggia su un materiale unitario che continuamente prolifera. La variazione, infatti, non riguarda solo l’assetto formale e le arcate più ampie, ma le microcellule costitutive degli organismi musicali. Nel ‘Duetto I’, la prova del monologo di Venerdì aiutato dal regista ricorda le situazioni di ‘Air’ e ‘Melodrama’ inOpera. E nel ‘Concertato II con figure’ le parole: «Ecco la vera storia. È finita la festa» alludono naturalmente al tema dellaVera storia. Il tentativo di annullare la narrazione attraverso la scoperta dei suoi meccanismi ha dato vita a un’altra storia, o meglio, a una storia che continuamente si racconta. Tutto ciò è possibile solo attraverso la malleabilità circolare, metamorfica, non dogmatica e non lineare del linguaggio musicale. Prospero, fin dalla ‘Aria I’, intona infatti il tema orfico della musica «che non ricordo e che io adesso vorrei cantare». La bellissima ‘Aria II’ approfondisce e sviluppa la meditazione sul suono, il silenzio, l’ascolto: «Il mio orecchio teso accoglie quei suoni all’arrivo: diversi da com’erano partiti. Sono i suoni con in più l’ascolto dei suoni». In ‘Aria III’, prima che Prospero si accasci, egli avverte che «c’è una voce nascosta tra le voci». E la splendida ‘Aria IV’ comincia con «Dietro i suoni. I suoni hanno un rovescio». Come avviene in Beckett, Berio ci porta sull’orlo di un baratro; il protagonista cerca un luogo che sia al riparo dalle voci che lo tormentano. La coincidenza quasi totale tra l’io compositore e l’io narrante non conduce al silenzio ma, sorprendentemente, alla coerenza e alla direzionalità espressiva ricchissima della partitura. Continua così quel genere di ‘opera della coscienza’ che caratterizza la produzione di Berio, ponendolo in una posizione originale rispetto alle esperienze teatrali che vanno dagli anni Sessanta agli Ottanta. Alle macabre lusinghe di uno sperimentalismo e di un nichilismo che negavano alla comunicazione con il pubblico e alla narratività qualsiasi speranza di riscatto, Berio sostituisce un’arte che, pur non sottraendosi alla riflessione sulla propria agonia e sul proprio passato, dolorosamente rivive. Scrive Hegel nellaFenomenologia dello spirito: «l’autocoscienza, dunque, mediante il suo rapporto negativo, non è in grado di togliere l’oggetto; anzi, non fa che riprodurre l’oggetto nonché l’appetito» (I,4). Berio non vuole farci evadere dal cerchio di cause ed effetti che lega il mondo all’unico modo possibile che abbiamo di percepirlo, ilnostro: noi stessi facciamo parte, insieme al compositore, dell’opera che stiamo ascoltando.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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