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Vampyr, Der
Opera romantica in due atti di Wilhelm August WohlbrĂĽck
Musica di Heinrich Marschner 1795-1861
Prima rappresentazione: Lipsia, Sächsisches Hoftheater, 29 marzo 1828

Personaggi
Vocalità
Edgar Aubry
Tenore
Emmy
Soprano
George Dibdin
Tenore
il capo dei vampiri
Recitante
James Gadshill
Tenore
Janthe Berkley
Soprano
Lord Ruthven
Baritono
Malwina Davenaut
Soprano
Richard Scrop
Tenore
Robert Green
Basso
Sir Berkley
Basso
Sir Humphrey Davenaut
Basso
Suse Blunt
Mezzosoprano
Tom Blunt
Basso
un servitore
Baritono
Note
Ben prima che il cinema rendesse popolare la pallida figura del vampiro, il teatro del primo Ottocento s’era appropriato di questo soggetto macabro e patetico, reso noto dal giovane medico scozzese John Polidori, che pubblicò nel 1819 il fortunato racconto intitolato appuntoThe Vampyre, in cui attraverso il gioco letterario mirava a colpire l’amico di un tempo Lord Byron. Byron aveva accennato in un suo poema al tema (proveniente dal folclore balcanico) di un essere soprannaturale che, pur appartenendo già al regno dei morti, per continuare a vivere è costretto a nutrirsi di notte con il sangue di giovani fanciulle. Nel testo approntato per Marschner dal cognato Wohlbrück – approdato a loro dopo vari passaggi linguistici e teatrali – tra questi vampiri si trova anche un nobile scozzese di alto lignaggio, Lord Ruthven, egli è costretto, per la maledizione di cui è vittima, a succhiare il sangue di tre giovani vergini prima dell’alba. L’impresa, come avrebbe dovuto ricordarsi, non era riuscita neppure al seduttore per eccellenza, Don Giovanni, i cui motivi si intrecciano curiosamente a quelli più genuinamente fantastici di questa storia romantica. La partitura fu rielaborata a fondo negli anni Venti da Hans Pfitzner, il quale così intendeva celebrare l’opera romantica tedesca come prima e autentica espressione dell’arte nazionale; in questa veste ha continuato a circolare, seppure sporadicamente, fino ai giorni nostri.

Atto primo. Ruthven si mette subito al lavoro (“Ha! Welche Lust”) seducendo Janthe, figlia del ricco Sir Berkley, che nella notte abbandona la casa alla vigilia delle nozze. Il padre la insegue con i suoi uomini nella foresta, ma un terribile urlo lo guida a una caverna, dove la giovane giace con il collo squarciato. Pur nell’orrore di trovarsi di fronte a un vampiro, prima di fuggire Berkley trova il coraggio di trafiggere al petto Ruthven. Ignaro di tutto, il giovane Edgar Aubry capita sul luogo e soccorre l’amico rantolante. Posto alla luce dei raggi lunari, Ruthven si riprende miracolosamente e impone allo sbalordito Edgar, in nome del sacro vincolo di amicizia, di non rivelare il suo mostruoso segreto. Edgar giunge al castello dei Davenaut, dove la figlia Malwina ne attende trepidante il ritorno (“Du bist’s du bist’s, es ist kein Traum”). I due giovani si amano e sperano di sposarsi, a dispetto delle differenze di ceto. Alcune allusioni del vecchio Davenaut, al quale Edgar ha reso ottimi servigi, fanno nascere in loro delle illusioni, che si infrangono non appena il padre informa la figlia che quella stessa notte, a maggior gloria del loro casato, andrà in sposa al conte di Marsden. Edgar si avvede con orrore che il pretendente altri non è che Lord Ruthven, ma non osa rivelarne la natura per timore della maledizione. In una scena corale, al canto festoso dei famigli di Davenaut fanno da contrasto la disperazione dei due giovani, la meschina soddisfazione di Sir Humphrey e l’avida attesa di Ruthven. Ma le fatiche del vampiro non sono ancora finite: Ruthven torna al suo castello per cercare la terza vittima.

Atto secondo. Nel villaggio vicino un matrimonio sta per essere celebrato anche fra il popolo, tra Emmy e George Dibdin, servitore di Davenaut. Le chiacchiere di paese riportano la notizia della macabra fine di Janthe; Emmy, impressionata, racconta la leggenda dell’uomo pallido (“Sieh, Mutter, dort den bleichen Mann”). Ed ecco appunto entrare Ruthven che, con galanterie e complimenti, si rende amabile agli occhi della ingenua Emmy, e molto meno a quelli del promesso sposo Dibdin, a cui non piace l’idea di esser tradito ancor prima delle nozze. Ruthven viene affrontato poi da Edgar, che minaccia di smascherarlo se non abbandona il proposito di sposare Malwina; Ruthven rifiuta, ma si sfoga (“Meinst du? Ha, versuch’ es nur!”) raccontando a Edgar di come egli stesso sia divenuto vampiro per aver rotto un giuramento, e a quale tormentosa condizione si condannerebbe anch’egli se osasse parlare. Edgar adesso è lacerato dal dubbio, se salvare la vita di Malwina o la propria anima (“Wie ein schöner Frühlingsmorgen”). Intanto Ruthven non perde tempo e piega anche le ultime resistenze di Emmy, che cade nella trappola e viene uccisa. Il coraggioso Dibdin si fa giustizia sparando a Ruthven, che cade però col volto riverso in direzione della luce lunare. Rimesso prontamente in salute dal balsamo astrale, Ruthven si presenta a Davenaut per reclamare la sposa. La patriarcale volontà di Sir Humphrey comincia a vacillare di fronte alla disperata resistenza dei due giovani, che lo implorano di rimandare almeno di un giorno le nozze. Ma Lord Ruthven non accetta nessuna proposta e pretende l’immediato rispetto dei patti. Disperatamente, Edgar si frappone al corteo nuziale e, sorretto dalla forza dell’amore, trova il coraggio di svelare la vera natura di Ruthven. Come viene pronunciata la parola vampiro, un fulmine si abbatte su Ruthven, schiantandolo. Resosi conto del terribile errore che stava per compiere, Sir Humphrey ripara immediatamente, sostituendo lo sposo cattivo con quello buono nel giubilo generale.

Der Vampyrfu il primo consistente successo nella laboriosa e sfortunata carriera teatrale di Marschner. La sua importanza nella storia dell’opera romantica tedesca sta nell’aver trattato i personaggi con maggior profondità di quanto il genere non consentisse, con un linguaggio teatrale che unisce il sicuro talento a una ricerca di forme meno convenzionali. Nei momenti in cui riesce a oltrepassare i limiti dell’opera basata sui numeri chiusi, Marschner crea ampie scene di grande tensione drammaturgica, in cui si articolano, mantenendo salda l’unità del tutto, momenti ariosi e recitativi, arie solistiche e parti corali; l’esempio più evidente è l’inizio del secondo atto, in cui la forma tradizionale della romanza di Emmy (che fungerà da modello per quella di Senta nelFliegende Holländer) di Wagner, si integra felicemente con l’inedita fattura del duetto di Emmy e Ruthven.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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